Che cosa rappresenta questa seconda edizione del Festival Etrusco contro il Razzismo? Innanzitutto, diciamo che questa avrebbe potuto essere la quarta edizione, se non ci fossero stati due anni di pandemia. Questo festival assume una grande importanza per il particolare momento storico, caratterizzato dal ritorno di malattie infettive che rivelano la nostra fragilità, e dallo scoppio di una guerra in Europa, 20 anni dopo la tragedia della ex Jugoslavia.

Come tre anni fa al Festival ci saranno le scuole, lo sport e il cibo… Cominciamo dalle scuole. Da tre anni – attraverso i progetti di Scuolambiente – porto nelle scuole secondarie, Medie e Superiori, un corso intitolato “Razzista sarà lei!”, nel quale – soprattutto attraverso la storia dello sport – ripercorro la storia del razzismo e il suo reale significato di potere e di giustificazione dello sfruttamento. Giovedì e venerdì mattina gli studenti di Civitavecchia, Cerveteri e Ladispoli presenteranno i loro lavori di gruppo scaturiti dai nostri incontri. Per lo sport possiamo dire che – insieme alla musica – è per le giovani generazioni il modo più diretto di fare integrazione; ogni giorno migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi giocano insieme nelle squadre scolastiche, amatoriali e agonistiche, corrono insieme nelle piste di atletica, sperando di diventare futuri Jacobs. Tamberi o Tortu. Nelle palestre e nei campetti delle nostre città ci si diverte e ci si mette in gioco senza pregiudizi e senza preconcetti. La nostra partita di pallavolo antirazzista di venerdì pomeriggio nella palestra dell’Istituto Onnicomprensivo Salvo D’Acquisto è semplicemente questo: ragazze e ragazzi, inseganti e amministratori insieme con maglie di ogni colore (3 anni fa giocarono discretamente l’Assessora Federica Battafarano e il Sindaco Pascucci) per dimostrare che lo sport ci unisce.

Perché parlare di cibo all’interno di una manifestazione contro il razzismo? Tre anni fa il titolo della nostra manifestazione ricordava che “le cucine del mondo possono spezzare le barriere”. Oggi si parla tantissimo di cibo, ad esempio in programmi come MasterChef; sarebbe bello e utile in questi programmi ci fosse spazio per ricordare che quando parlo di cibo parlo anche di ambiente ed economia, parlo di società e politica, parlo di arte e letteratura. Parlo dell’altro. Il razzismo si alimenta di ignoranza e paura dell’altro; se metto a confronto ciò che mangio, mi definisco molto più di quanto si pensa. Farsi conoscere aiuta a far venir meno il presupposto del razzismo, ossia un’immagine fittizia e stereotipata di chi è diverso da noi. Tre anni al Festival fa furono protagoniste le cucine di Marocco, Perù e Romania; giovedì sera alla Sala Ruspoli, avremo piatti cucinati e presentati dalle comunità di Marocco, Macedonia del Nord e Isole Mauritius. Di questo ringraziamo nuovamente le donne della Consulta dei Migranti che racconteranno la storia e gli ingredienti dei piatti che avranno cucinato. (Intervista pubblicata da Baraonda, marzo 2022) (nella foto una locandina del Secondo Festival Etrusco contro il razzismo)