Tra i tanti e interessanti documentari  sul tema del cibo bisogna segnalare Food Inc. dello statunitense Robert Kenner, uscito nelle sale nel 2008. Con la consulenza e la partecipazione di Michael Pollan – autore di libri fondamentali sul cibo – questo lavoro va al cuore della drammatica crisi sanitaria statunitense con l’epidemia di obesità e diabete e i tassi altissimi di tumori e malattie cardiovascolari. La tesi del film è che la radice di tutto sia in quello che arriva a tavola dai supermercati. “Prodotti al 100% naturali provenienti dalle fattorie”: questo si legge negli scaffali dei supermercati, ma è l’inganno pubblicitario dell’industria alimentare, capace di controllare tutta la filiera produttiva e far arrivare negli scaffali di un supermercato una media di 47.000 prodotti alimentari, creando l’illusione della diversità. In realtà, la maggior parte del cibo industriale statunitense proviene dal mais: nel 90% delle migliaia di prodotti statunitensi in vendita almeno un ingrediente è derivato da mais o soia o da entrambi. In 100 anni i raccolti di mais sono decuplicati (da 12 q per ettaro a 125), grazie all’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi. Attraverso leggi governative favorevoli e continue sovvenzioni, oggi il 30% del territorio degli USA è coltivato a mais; l’enorme eccesso di mais viene poi acquistato sottocosto da poche grandi compagnie, poco conosciute al grande pubblico (come Tyson, Cargill) per essere utilizzato nello sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio,onnipresente nei cibi industriali ultra-processati; l’altro grande impiego del mais riguarda i mangimi animali. Il mais, infatti, è il componente principale dei mangimi negli allevamenti intensivi, compresa la piscicoltura; con il mais venduto sottocosto, la carne può essere venduta a prezzi così bassi negli USA da raggiungere consumi di oltre 250 grammi ogni giorno, 6-7 volte le quantità consigliate. Le mucche naturalmente non mangiano mais, ma erba; il mais viene dato perché costa poco e le fa ingrassare rapidamente. Food Inc. ci fa vedere il momento della macellazione con le mucche tenute per moltissime ore nel letame, e le conseguenti continue malattie e contagi; inevitabile in questo tipo di filiera la presenza di escrementi nella carne e di E. Coli negli hamburger; negli States sono continui i ritiri di carne avariata e, ormai, E. Coli è presente anche in prodotti ortofrutticolo come spinaci e mele (il film cita 20 epidemie da E. Coli degli ultimi anni). Come si è arrivati a questa follia? Con quella tragedia che si chiama “organizzazione tayloristica del lavoro”, o semplicemente taylorismo, applicata all’industria alimentare e della ristorazione. I primi fast-food risalgono agli anni ’30, all’inizio sotto forma di drive-in; con l’arrivo di Ray Kroc da McDonald’s (descritto nel film The Founder) fu adottato il sistema della fabbrica alla cucina dei ristoranti (taylorismo), ossia lavoro parcellizzato, svolto da lavoratori che sanno fare una sola cosa e possono, pertanto, essere pagati poco e sostituiti con facilità. In parallelo, per rifornire McDonald’s e gli altri giganti della ristorazione, sono stati creati mostruosi allevamenti intensivi di pollame con pulcini che crescono in metà del tempo e con galline due volte più pesanti (nella foto). L’industria del pollame è diventata un modello di profitti per le altre industrie. “Grandi quantità di cibo a prezzi stracciati; che cosa c’è di sbagliato in questo?” dice un manager durante il film. Tutto, verrebbe da dire, tutto è sbagliato in questo modello produttivo. Si inquina il territorio, si impoveriscono gli stessi allevatori (con redditi da fame, sotto i 20.000 dollari), si maltrattano gli animali (cannibalismo e beccature continue), si offrono prodotti scadenti e pericolosi (per l’uso massiccio di antibiotici), si danneggia in modo irreversibile la salute dei consumatori. Un americano su 3 nato dopo il 2000 – uno su due tra le minoranze – avrà un diabete precoce. Questo è il danno che l’industria alimentare statunitense sta facendo al proprio Paese, un danno che avrà ripercussioni epigenetiche per molte generazioni a venire; Questa l’amara conclusione di Michael Pollan alla fine di Food Inc.“Abbiamo sviluppato il nostro sistema alimentare sulle calorie “cattive”, le uniche che abbiamo fortemente sovvenzionato. L’industria, però, dà la colpa alle scelte alimentari individuali. Con la modifica del cibo, abbiamo toccato i pulsanti dell’evoluzione. La nostra ipersensibilità a sale, grasso e zucchero – rari in natura – è all’origine del problema. Stiamo introducendo chili e chili di zucchero, con sciroppi di mais e carboidrati raffinati, con picchi di insulina che provocano obesità, diabete malattie cardiovascolari e tumori”