Pianeta obeso: un periodo speciale a Cuba
L’obesità in Europa presenta grosso modo tre fasce; nella prima vi sono 4 Paesi con percentuali quasi statunitensi tra il 23 e il 15% (Inghilterra, Grecia, Slovacchia e l’Ungheria); nella seconda tra il 15 e il 10% troviamo la maggior parte dei Paesi europei; infine, la terza, quella dei Paesi “virtuosi” con percentuali tra il 10 e il 7%: Svezia, Danimarca, Norvegia; Francia, Svizzera e Austria e l’Italia. Il dato italiano sull’obesità adulta – 8.5% di obesi – ci colloca in modo lusinghiero nella fascia di minor percentuale di popolazione obesa in Europa. Le cose, purtroppo, vanno molto meno bene per i bambini. Negli ultimi dati europei quasi il 13% dei bambini italiani risulta obeso. Le cause sono sempre le stesse: la scarsa o assente attività fisica, una cattiva alimentazione, troppe ore davanti a videogiochi o computer. La tendenza al progressivo aumento dell’obesità sembra irreversibile, essendo legato a trasformazioni profonde del nostro modo di vivere. Però, qualche eccezione c’è. A Cuba, ad esempio, una pesantissima crisi economica ha paradossalmente migliorato il quadro medico della popolazione. Tutti ricordano il 1989 come l’anno della caduta del muro di Berlino, le immagini festose del crollo del simbolo della guerra fredda. A Cuba ricordano altro, e ne parlano come del “periodo speciale“. Quell’anno la fine dell’aiuto economico sovietico significò per i Cubani un cambiamento drammatico che coinvolse l’economia, l’agricoltura e l’alimentazione. Negli anni precedenti l’agricoltura cubana era basata sulla coltivazione intensiva, in grandissime fattorie statali, ed era finalizzata all’esportazione di agrumi, tabacco e zucchero; venivano usati fertilizzanti chimici e insetticidi importati dai Paesi dell’Est; sempre dal blocco sovietico venivano importati i due terzi degli alimenti destinati alla popolazione. All’improvviso questo modello di agricoltura non fu più possibile: il crollo dell’Unione Sovietica e la grave crisi economica del “periodo speciale” costrinsero Cuba a cambiare il modello di agricoltura e il modello di alimentazione. Senza più concimi chimici e insetticidi e con meno della metà del petrolio di prima, Cuba fu costretta a tornare all’agricoltura del passato, quella biologica, con l’uso degli animali invece dei trattori, con il letame al posto dei fertilizzanti chimici, la piccola orticoltura gestita da cooperative in sostituzione delle mega-fattorie statali. Nel 1993 la maggior parte delle fattorie di Stato erano state trasformate in cooperative che da un lato rifornivano di alimenti gli ospedali, le scuole, gli asili e le altre istituzioni, dall’altro vendevano liberamente nei mercati contadini il resto della produzione agricola. Che cosa ha rappresentato tutto questo sconvolgimento per la salute e l’alimentazione della popolazione? Incredibilmente la fine della dipendenza economica dai Paesi socialisti e la conseguente crisi alimentare hanno avuto un impatto positivo su tutti i parametri di salute rilevabili. I ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora hanno esaminato alcuni dati epidemiologici registrati dal 1997 al 2002, a cavallo del “periodo speciale”, e ne hanno tratto interessanti conclusioni (pubblicate dal Canadian Medical Association Journal). La crisi economica ha costretto molti cubani a intraprendere altre attività – spesso manuali – per aumentare il proprio reddito; ciò ha portato la percentuale di adulti fisicamente attivi dal 30% al 67 %. La razione alimentare in poco tempo è diminuita del 20% riguardo alle calorie, scendendo sotto la meda di 1900 calorie quotidiane e del 27% per le proteine; l’aumento di attività fisica e la diminuzione delle calorie ha portato a un calo medio di peso di 4-5 kg (oltre il 5% della massa corporea): la percentuale di obesità e sovrappeso è crollata dal 14% al 7%; la mortalità per diabete si è praticamente dimezzata; quella per patologie coronariche si è ridotta del 35%. Il risultato finale di tutti questi dati è che la mortalità in generale a Cuba è scesa del 18%. I Cubani sicuramente preferivano la situazione precedente, ma i cambiamenti cui sono stati costretti ci dicono molto su come sarebbe possibile fare prevenzione e migliorare la nostra qualità della vita, spendendo meno, inquinando meno, mangiando meno, ma vivendo meglio. (2008, segue)
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