La fine dell’era capitalistica secondo Jason W. Moore
Ecologia
Jason W. Moore è uno storico dell’ambiente che insegna Economia politica all’Università di Binghamton negli Stati Uniti. In Italia l’editore Ombre Corte di Verona ha pubblicato “Antropocene o Capitalocene” nel 2017 e “Ecologia-mondo e crisi del capitalismo” nel 2015.
- ” Capitalocene è una provocazione che intende svelare l’atteggiamento ideologico della borghesia, il suo impegno ipocrita verso la «natura» e il suo rifiuto di chiamare le cose con il loro Comprendere questa ideologia è cruciale per definire politiche adeguate di giustizia ambientale, per chiarire le relazioni storiche e materiali alla base della crisi climatica. Tali relazioni non sono tra l’Uomo e la Natura – che non sono termini innocenti, ma invenzioni del capitalismo”.
- “Il 1492 è un’abbreviazione geostorica. Tra il 1450 e il 1750 si è sviluppata una rivoluzione del lavoro e del paesaggio inaudita quanto a vastità, velocità e scopi. Una rivoluzione paragonabile alla rivoluzione agricola dell’inizio dell’Olocene, che però si realizzò nell’arco di millenni. Ciò che il feudalesimo ha compiuto nel corso di secoli, per esempio la deforestazione dell’Europa, il capitalismo l’ha fatto in pochi decenni.
- “Marx identifica una contraddizione cruciale: man mano che le forze produttive crescono, le materie prime vengono consumate a un ritmo più rapido. A parità di condizioni, il loro prezzo aumenta – e con questo la composizione organica del capitale – mentre il profitto diminuisce”.
- “Gli inglesi in Irlanda, gli spagnoli in Perù, i francesi in Algeria, gli americani in Vietnam: i soggetti da colonizzare sono selvaggi, parte della Natura, e quindi bisognosi di un civilizzatore. È una storia non solo di razza e conquista, ma anche di genere”.
- “Claudia von Werlhof (sociologa tedesca) sostiene che, con l’ascesa del capitalismo, fu considerato Natura tutto quello che la borghesia non intendeva pagare: soprattutto il lavoro riproduttivo (biologico e sociale) delle donne”.
- “Un fatto geo-storico è innegabile: le grandi ondate di accumulazione capitalistica sono sempre dipese dalla conquista e dall’appropriazione del lavoro di ampie zone di frontiera e, dagli anni ’70, le frontiere del capitalismo sono andate esaurendosi. La rete della vita non può più essere messa al servizio del capitale come è accaduto nei secoli precedenti.
- “Il modello di rivoluzione agricola del capitalismo, che per cinque secoli ha prodotto sempre più cibo con sempre meno tempo-lavoro, sta collassando. La capacità del capitalismo di risolvere i suoi problemi è sempre dipesa dalle frontiere della natura a buon mercato. Ora queste frontiere sono esaurite. Il capitalismo sopravvive, ma come uno zombie: è morto, ma si muove ancora. Ed è incredibilmente letale”.
- “La politica ambientalista dominante è un ostacolo per un ecologismo della classe operaia di cui oggi c’è urgente bisogno. L’ambientalismo liberale non si è mai interessato ai lavoratori agricoli avvelenati dai pesticidi, ai minatori di carbone che soffrono di malattie polmonari, ai lavoratori neri e marroni del settore chimico della Cancer Alley in Louisiana, alle famiglie della classe operaia avvelenate dai rifiuti tossici”.
- “Il mio ecologismo si ispira a quello di contadini e lavoratori. Chico Mendes l’ha affermato con chiarezza: «L’ecologia senza lotta di classe è giardinaggio». Non c’è niente di sbagliato nel giardinaggio. Il mio ecologismo è quello delle classi lavoratrici e delle loro lotte per la giustizia, la dignità e un ambiente di vita sicuro”.
- “E’ giunto il momento di aprire un dibattito serio su come forgiare una visione radicale che assuma come proprie premesse la totalità organica della vita, la biosfera, la produzione e la riproduzione“.
(da un’intervista d Jason W.Moore di Massimo Filippi, pubblicata sul manifesto, il 20/7/2023; nella foto l’undicesima – e ultima – tesi su Feuerbach di Karl Marx: I filosofi hanno solo interpretato diversamente il mondo in vari modi, ma si tratta di trasformarlo, 1845)
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