Metterci la faccia significa che ci mettiamo in gioco senza paura, mostrandoci per quello che siamo, da giovani, da adulti e da vecchi. Lo psicologo statunitense B. F. Skinner (1904-1990) ha studiato per 60 anni i meccanismi del comportamento e del condizionamento umano; verso gli 80 anni ha scritto un libro intitolato “Enjoy old age” (1983), ossia godersi la vecchiaia, che inizia così: “Che cosa si prova ad essere vecchio? Facile, basta spalmarsi dell’unto sugli occhiali, mettere dei batuffoli di cotone nelle orecchie, indossare scarpe pesanti e molto più grandi della nostra misura, infine mettersi dei guanti”. Il volume contiene una serie di suggerimenti per affrontare bene un periodo della vita sempre più alla portata di molti e sempre più lungo. L’Italia – insieme al Giappone –  è il Paese più longevo del mondo; tra 15 anni l’Italia e gli altri Paesi occidentali avranno tra il 20 e il 30% della popolazione sopra i 65 anni. Al dicembre 2012 erano presenti in Italia oltre 15.000 ultracentenari (il triplo rispetto a 10 anni fa, con un rapporto uomini-donne 5:1: 84% donne, 16% uomini); il 21% aveva più di 65 anni (meno del 19% 10 anni fa); quasi il 10% aveva più di 75 anni e quasi il 3% (2.8%) aveva più di 85 anni; nella popolazione di ultracentenari colpisce. Ma è possibile definire con precisione quando inizia la terza età? Di fatto, ogni società definisce la vecchiaia con criteri propri; non esiste nessuna soglia anagrafica accettata universalmente; negli Stati Uniti si diventa vecchi a 65 anni, perché a quell’età si ha diritto alla pensione; nelle culture aborigene della Nuova Guinea, invece, si è vecchi già a 50 anni. Se definire la vecchiaia è problematico, ci sono meno difficoltà nel definire i luoghi del pianeta dove vivono popolazioni longeve ed in buona salute; tutte le popolazioni che vivono in queste aree hanno almeno quattro elementi comuni: buone relazioni familiari e profondo rispetto per gli anziani; assenza o scarsa diffusione del fumo; notevole attività fisica e diete basate sui vegetali. Una vecchiaia in salute, pertanto, sembra essere la risultante di un triplice stato di benessere: fisico, psichico e sociale. A proposito del benessere psichico, il grande psicologo statunitense James Hillman (1926-2011), ha scritto nel libro “The force of character” (1999) parole illuminanti: “Invecchiando io rivelo il mio carattere, non la mia morte”: la vecchiaia, dunque, non è una tara da nascondere e da odiare, una condizione da sacrificare sull’altare dell’odierno “culto della giovinezza” ma un’età della vita da riconsiderare benevolmente, con numerosi vantaggi psicologici”. Secondo Hillman l’invecchiamento aiuta a definire e maturare il carattere delle persone; ci permette un salutare distacco dalla frenesia del presente; ci offre la possibilità di esprimere liberamente anticonformismo e autonomia di giudizio; ci consente, inoltre, di rinunciare alla insensata competizione quotidiana per il successo. Infine, la proposta provocatoria: “Bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il lifting un crimine contro l’umanità”. Parole sacrosante, anche se in forte controtendenza. Come ha osservato il filosofo Umberto Galimberti:La faccia dei vecchi è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto, trattato con chirurgia, è una falsificazione che lascia trasparire l’insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi alla vista con la propria faccia”. Siamo completamente d’accordo, pensando alla bellissima faccia di Rita Levi Montalcini, neurologa, Premio Nobel per la Medicina (1909-2012) e a quella di Margherita Hack, astrofisica di fama mondiale che, a proposito della vecchiaia, ha detto “Essere curiosi, cominciare a fare cose che abbiamo sempre desiderato, la pensione ha i suoi vantaggi: un tempo da occupare felicemente(nella foto Giovanni Bellini, Ritratto del doge Loredan, 1501). (2013)