1. “In Italia non abbiamo mai costruito una cultura sportiva. Negli ultimi settant’anni la scuola si è deliberatamente sottratta dall’occuparsi del tema. L’Italia è un Paese che ama lo sport, lo segue, lo tifa. Ma non abbiamo una cultura del movimento. Questa deve passare attraverso le due grandi agenzie educative che rimangono: la scuola e la famiglia».
  2. “Le istituzione scolastiche hanno deciso di non occuparsi della cultura sportiva e questo è un disastro. Abbiamo scelto un modello dove la pratica sportiva è stata delegata alla rete di associazioni che in Italia è gigantesca. Fanno un lavoro grandioso e meritorio e hanno lavorato da sempre duramente per colmare questo vuoto”.
  3. “Dovrebbero essere le scuole a indirizzare i ragazzi, a farli appassionare alla cultura del movimento. Se la scuola si riappropriasse di questo compito ci sarebbero molti più ragazzi desiderosi di fare attività sportiva”.
  4. “Lo sport di base si fonda su denaro privato, che arriva principalmente dalle famiglie che pagano le quote sociali affinché i loro figli possano fare attività sportiva. La grande preoccupazione è che oggi la capacità di spesa si è ridotta e se non hai costruito una cultura del movimento anche per le famiglie lo sport diventa un bene non essenziale”.
  5. “Abbiamo un problema di sopravvivenza delle associazioni sportive. Queste realtà hanno il merito gigantesco di aver tenuto in piedi la rete sportiva del Paese”.
  6. “La mancanza di una cultura sportiva ha un impatto sul Servizio Sanitario Nazionale. Non è un caso che continuiamo a essere in cima alle classifiche dei Paesi con il più alto numero di adolescenti in forte sovrappeso che si portano poi dietro altre patologie. Se noi agiamo in maniera disattenta e non costruiamo una cultura del movimento ne pagheremo il conto. E questa è una certezza. La scuola primaria per me è la madre di tutte le battaglie, è il luogo dove è più sguarnito l’insegnamento della cultura del movimento”.
  7. “Se a settembre – speriamo – si potrà riorganizzare l’attività sportiva ci ritroveremo senza centinaia di società sportive. Su questo modello è chiaramente cascato un meteorite e adesso bisogna costruirne uno nuovo. E per farlo bisogna considerare lo sport un bene essenziale. L’intervento pubblico per difenderlo è una necessità e un dovere”. 
  8. “Dobbiamo assolutamente ridisegnare il paesaggio delle città, riappropriarci degli spazi urbani, e tornare a immaginarli come possibili luoghi accoglienti per lo sport. E’ sicuramente giusto recuperare impianti e aree dismesse, ma non è solo un tema di infrastrutture, è un tema culturale che ci permette di reinterpretare il paesaggio urbano e avere un impatto su tanti aspetti”.
  9. “Per me il capolavoro è la piena trasformazione del potenziale in una prestazione. Se io mi metto domani, a 51 anni, a preparare una maratona non la finirò in due ore. Ma se il mio potenziale è di riuscire a terminarla in tre ore e mezza e io ci riesco, allora avrò realizzato un capolavoro”.
  10. “E lo sport è forse uno degli ultimi ambienti rimasti che ti insegna come la piena trasformazione del tuo potenziale non passa da scorciatoie. C’è l’allenamento e il sudore. Viviamo in un mondo in cui ci insegnano a fare meno fatica possibile, qualunque strumento elettronico deve esser intuitivo, devi essere in grado di usarlo fin da subito senza un libretto di istruzioni. Abbiamo smarrito il senso della necessità di fare fatica per entrare nel rapporto tra potenziale e prestazione”.

(dall’intervista di www.open.online a Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale italiana di pallavolo maschile, membro della nuova segreteria del Partito Democratico di Enrico Letta; nella foto un manifesto della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia, da molti anni realtà di spicco della pallavolo italiana)