Il fumo di tabacco è in Italia è il maggiore fattore di rischio evitabile di morte prematura con circa 90 mila morti all’anno attribuibili al fumo. Il 31 maggio in tutto il mondo si è svolta la Giornata Mondiale Senza Tabacco (No Tobacco Day), indetta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a partire dal 1988 per affrontare quello che rimane uno dei principali problemi globali di sanità pubblica. Per capire come stanno andando le cose nella nostra regione, rispetto alle medi nazionali, possiamo fare riferimento a due ottimi sistemi di sorveglianza, che pubblicano ogni anno un rapporto con dati molto interessanti.

Il primo sistema di sorveglianza si chiama GYTS (Global Youth Tobacco Survey, Sorveglianza globale sul tabacco tra i giovani) e ha svolto per il quarto anno un’indagine sull’uso del tabacco fra i giovani del Lazio. Nel 2022 la percentuale di adolescenti nella fascia 13-15 anni che ha fatto uso di sigarette o altri prodotti da fumo (sigarette elettroniche-e-cig e prodotti da tabacco riscaldato-HTP) almeno una volta nell’ultimo mese è stata del 19%, ovvero circa uno su cinque, con le ragazze ampiamente più a rischio per l’uso sia di sigarette sia di prodotti sostitutivi.

L’altro sistema di  sorveglianza si chiama PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) e compie ricerche su tutta la popolazione. Nel biennio 2021-2022 nel Lazio fumava sigarette il 26% degli adulti  nella fascia di età 18-69 anni, con un 18%  di popolazione che si è dichiarata ex fumatrice. Il dato è molto preoccupante, perché supera di circa il 30% la media nazionale (20.5%) e colloca il Lazio, insieme a Umbria e Campania, tra le regioni con i peggiori dati sul fumo. Come nelle medie nazionali, gli uomini fumano più delle donne (32% contro il 21%). Per quanto riguarda il profilo sociale ed economico di chi fuma, anche nel Lazio la prevalenza maggiore si riscontra in persone con scolarità medio-bassa e con molte difficoltà economiche. Il fumo, pertanto, in Italia – e nel Lazio in particolare – rappresenta una grande sfida alla salute collettiva. Gli investimenti sulla prevenzione e sull’aiuto ai fumatori intenzionati a smettere non sembrano adeguati. Nel 2009 operavano in Italia quasi 400 Centri Antifumo (396 per l’esattezza), che si sono ridotti a 241. Eppure in queste strutture lavora personale specializzato capace di fornire strumenti efficaci a chi decide di smettere di fumare con trattamenti integrati che comprendono terapie farmacologiche, counselling e supporto psicologico. Nel Lazio ci sono 13 CAF, 5 nelle province di Viterbo, Rieti, Latina e Frosinone e 7 a Roma (5 in grandi ospedali della capitale e 2 in strutture della ASL). L’unico CAF presente in una Casa della Salute  è quello della ASL Roma 4. Dal marzo 2016 al dicembre 2023 questo centro ha trattato oltre 300 pazienti, aiutandone 70 a smettere di fumare. Si tratta di un dato di assoluto rilievo, se si considera che circa il 50% dei fumatori muore in media 14 anni prima dei non fumatori e i fumatori sono affetti per più anni da condizioni precarie di salute nel corso della vita.