Storia del volley: soldati e prigionieri (6)
Nel 1928 Barcellona, Berlino e Istanbul si erano candidate al Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per ospitare le Olimpiadi del 1936; nel 1931 la scelta era caduta su Berlino; 11 anni dopo la “marcia su Roma” che aveva portato il fascismo al potere in Italia, nel 1933 in Germania si era imposto il nazismo ed Hitler era stato nominato cancelliere; uno dei primi provvedimenti del regime nazista fu la revoca dei titoli sportivi ai non-ariani; il CIO mantenne la scelta di Berlino, anche se in tutto il mondo si levarono proteste contro i Giochi Olimpici berlinesi per impedire l’inevitabile uso dello sport in chiave propagandistica da parte del regime. Il Fronte Popolare spagnolo decise di tenere a Barcellona delle Olimpiadi popolari – alternative a quelle ufficiali – subito dopo la sua vittoria alle elezioni del febbraio1936, ma Spagna e l’URSS saranno i soli Paesi a non inviare nessun atleta ai Giochi ufficiali di Berlino.
Sul piano organizzativo, sportivo e commerciale le Olimpiadi di Berlino furono un grande successo; con ingenti finanziamenti statali la Germania mise a disposizione infrastrutture modernissime; si ebbe una grande partecipazione popolare, con la televisione che faceva il suo esordio olimpico; a livello sportivo la Germania stravinse il confronto con gli Stati Uniti: 33 ori e 89 medaglie contro i 24 ori e le 56 medaglie degli statunitensi; Jessse Owens, , velocista afro-americano fu uno dei protagonisti assoluti, con i 4 ori (100, 200, 4×100 e lungo) bissati molti anni dopo da Carl Lewis; l’italiana Ondina Valla vinse il primo oro femminile negli 80 a ostacoli; nel calcio l’Italia di Vittorio Pozzo – campione del mondo in carica – batté in finale la favorita Austria, con una formazione di studenti; il basket fece il suo esordio olimpico con la vittoria USA sul Canada (19-8 all’aperto). Le Olimpiadi di Berlino (nella foto una locandina ufficiale) furono importanti anche per la pallavolo, poiché, su proposta polacca, prese vita un comitato per la costituzione di una Federazione Internazionale della pallavolo: aderirono 13 Paesi europei, 5 americani e 3 asiatici.
Dal punto di vista tattico negli anni ’30 la pallavolo conobbe una fondamentale innovazione; nel 1938 la grande scuola cecoslovacca introdusse il muro, un gesto tecnico che avrebbe cambiato in modo significativo il gioco. Per molti anni la squadra che murava potè farlo solo nel proprio spazio di gioco, più avanti fu possibile uscire con le braccia anche nel campo avverso; il muro schierato – composto da uno, due o tre giocatori – costrinse le squadre che attaccavano a migliorare e, soprattutto, variare gli schemi di attacco e a inventare un nuovo fondamentale – la copertura – per recuperare il pallone murato dagli avversari. Per quanto riguarda gli schemi di gioco, in quegli anni le squadre erano in genere composte da due alzatori e quattro laterali; l’alzatore palleggiava nella parte centrale della prima linea (zona 3) per il laterale di destra (oggi sarebbe l’opposto) o di sinistra (l’attuale martello). Nei primi anni ’40 in diversi Paesi, tra cui l’Italia, fu sperimentato un diverso sistema di punteggio: come nel basket si giocò a tempo, con i set che duravano 20 minuti, per proseguire in caso di parità; la scelta del set a tempo fu abbandonata, ma non del tutto; ancora oggi sopravvive in alcune manifestazioni non agonistiche (volley loisir, Mondiali antirazzisti). Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale stravolse per 6 anni la vita di Europei, Asiatici e gran parte del mondo; in quegli anni terribili – tra il 1939 e il 1945 – la pallavolo fu la distrazione principale dei soldati che combattevano – sul fronte europeo come in quello del Pacifico – e dei soldati che venivano fatti prigionieri: in un‘inchiesta sugli sport preferiti tra i militari statunitensi la pallavolo si classificò al primo posto. (segue)
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