Secondo il Global Burden of Disease i 4 principali gruppi di malattie croniche – le patologie cardiovascolari, i tumori, le malattie respiratorie croniche e il diabete – sono responsabili complessivamente del 63% delle malattie non trasmissibili totali. Fino agli anni ‘70 la crescita delle  malattie croniche era strettamente legata all’aumento di longevità delle popolazioni. Da almeno tre decenni, però, l’incremento delle malattie croniche è di gran lunga superiore alla crescita della longevità. Negli Stati Uniti si osserva da alcuni anni una stasi dell’aumento della longevità, proprio a causa delle malattie croniche. In Italia le cose vanno meglio, ma – secondo i dati Istat –  il 40% della popolazione ha almeno una patologia cronica e la percentuale raddoppia tra gli over-65 (80%). Per Margaret Chan, ex Direttore Generale dell’OMS, la spiegazione di questo fenomeno non va ricercata in ambito biomedico: «Esiste un motivo, tutto politico, della sottovalutazione delle malattie croniche. Nella prevenzione delle malattie infettive a fianco della sanità pubblica c’erano diversi settori “amici”: l’ istruzione, la casa, la nutrizione, l’acqua e l’igiene. Nelle malattie croniche, invece, non abbiamo nessun settore “amico”. In compenso, la scena globale è occupata da attori che traggono enormi profitti dal commercio di tabacco e di cibo-spazzatura, nel silenzio e nell’inerzia, spesso complice, dei governi”.

Il 2003 è stato un anno importante. In tutto il mondo 110 milioni di persone hanno provato a dire no alla guerra. Ma il 2003 è stato anche un anno di svolta per la longevità in buona salute della popolazione italiana.  Nel corso degli anni 90, infatti,  l’aspettativa di vita era cresciuta regolarmente, passando dagli 80 agli 84 anni per le donne, dai 74 ai 79 anni per gli uomini. Dopo il 2003 , invece, l’aspettativa di vita sana – ossia senza patologie – è crollata dai 74 ai 62 anni per le italiane e dai 70 ai 63 anni per gli italiani. Per Gavino Maciocco, direttore della rivista Salute Internazionale (www.saluteinternazionale info) “L’attuale sistema sanitario ha organizzato e  investito quasi esclusivamente nel settore delle malattie acute, secondo il paradigma dell’attesa e del modello biomedico di sanità”.

La pneumologa tedesca Dogmar Rinnenburger ha pubblicato un libro importante sulle malattie cronico-degenerative (“La cronicità. Come prendersene cura, come viverla”, Il Pensiero Scientifico, 2019). Rinnenburger affronta la questione della cronicità da varie angolature e prospettive, mettendosi dalla parte dei pazienti. “Gli operatori sanitari, non solo il medico, ma anche gli altri professionisti della cura,  – scrive – sono orientati verso un modello di medicina acuta, dove sono competenti e gratificati, rispettati nei loro ruoli, utili, perché portano alla salute. La cronicità esaurisce e, ciò che è peggio, annoia. La cronicità significa sempre lo stesso problema, nessuna sfida diagnostica o intellettuale. Benché la cronicità coinvolga la stragrande maggioranza delle richieste fatte alla medicina, la formazione che ricevono i medici sembra non tenerne conto. Anche la formazione infermieristica va in questa direzione”. Per Rinnenburger le risposte vanno in due direzioni: educazione del paziente e autogestione della malattia da un lato, cure primarie (medicina incrementale e medicina d’iniziativa) dall’altro.

Resta da aggiungere che il problema delle malattie croniche nei prossimi decenni sarà un’emergenza sanitaria nei Paesi meno industrializzati, nei quali la crescita delle patologie croniche è stata molto più rapida all’occidente industrializzato. In India il diabete di tipo 2 è passato dal 2% degli anni ’70 al 12% del 2000. La mortalità per patologie croniche, inoltre, in questi Paesi interessa gruppi di popolazione più giovani. Le reti di protezione sanitaria, infine, in India e in molti Paesi africani sono molto deboli o quasi insistenti. Per chi vive là avere una malattia cronica significa quasi sempre pagarsi tutte le prestazioni  con la conseguenza di rinunciare a curarsi per non impoverire la famiglia. Questo perché nella lotta contro le malattie croniche gli Stati sono quasi assenti, incapaci di intervenire in un settore ormai dominato dal mercato. Esistono – come scrive Lancet – “soluzioni molto efficaci e a basso costo”, ma manca la capacità e la volontà politica  di adottarle. (nella foto: Sunday di Edward Hopper, 1926) Luciana Cacciotti e Daniele Segnini