“Ogni cittadino ha diritto ad una vita sana e integrata nel proprio contesto urbano. Bisogna rendere la salute dei cittadini il fulcro di tutte le politiche urbane”. Così recita il primo punto del manifesto “La Salute nelle città: bene comune”. Ma è possibile una vita sana senza foreste, senza boschi, senza aree verdi urbane? Da oltre 2 milioni di anni decine di migliaia di generazioni (qualcuno ne ha contate 84.000) hanno vissuto dell’economia di caccia-raccolta, una condizione che prevedeva allora – e oggi per chi ancora la pratica – una spesa energetica giornaliera non indifferente, soprattutto per le grandi distanze percorse a piedi: tra i 6 e i 16 km giornalieri. La nostra biologia – genetica ed epigenetica – corrisponde a questo stile di vita, non a quello delle ultime 2-3 generazioni: corpo e cervello sono stati plasmati – generazione dopo generazione – per correre, camminare, muoversi. Per questo oggi la salute e la buona longevità richiedono almeno 10.000 passi al giorno, ossia i 6 km, che erano la distanza minima percorsa dai nostri antenati. Il primo motivo per cui fa bene andare nei boschi è questo: nella natura ritroviamo le nostre radici biologiche e la nostra lunga storia evolutiva. Negli anni ‘80 il governo giapponese ha promosso – su basi scientifiche –  l’antica tradizione del Shinrin-yoku, ovvero del “bagno nella foresta”, come strumento per promuovere la salute, ridurre lo stress e prevenire malattie. Camminare nel bosco, infatti, contribuisce a rinforzare le nostre difese immunitarie, prevenendo e affrontando meglio le malattie. Come da anni ci ricorda Stefano Mancuso, le piante comunicano tra di loro e sono in grado di riconoscere la presenza di altri organismi vicini, modificando la propria crescita. Le piante comunicano, come molti insetti, per mezzo di molecole chimiche, che vengono riconosciute e interpretate dalle altre piante e anche da molti animali, in particolare dagli insetti. Tra le molecole usate nella comunicazione vegetale ci sono i terpeni, un gruppo numerosissimo di idrocarburi alifatici volatili che piante, muschi e funghi producono per parlarsi. Il mentolo, presente in molti dentifrici, è uno degli oltre 10.000 terpeni conosciuti. Quando camminiamo nel bosco, entriamo in contatto con queste molecole, assimilandole soprattutto attraverso i polmoni. I terpeni agiscono sia sul sistema immunitario sia nei circuiti ormonali, riducendo il livello degli ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina e noradrenalina) e diminuendo i sintomi della depressione; camminare nel verde, inoltre, riduce la pressione arteriosa e il rischio di malattie cardiovascolari. Il secondo motivo per frequentare i boschi è il beneficio che ci danno in termini di salute, in particolare – alle nostre latitudini –  quando camminiamo nei boschi di latifoglie, come lecceti (Quercus ilex), querceti (da sughero e spinose) e faggeti. Il terzo motivo per camminare nei boschi è legato alla crisi climatica attuale. Le piante – le foreste in particolare – sono capaci di assorbire grandi quantità di anidride carbonica, il principale responsabile dell’attuale riscaldamento. Riforestare e ripristinare habitat naturali sembra realisticamente l’unica possibilità di ridurre di un terzo i gas serra e mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 1,5°, in attesa della transizione planetaria verso le energie pulite e rinnovabili. Il gruppo di Thomas Crowther, ecologo del Politecnico federale di Zurigo, ha calcolato che sulla Terra c’è abbastanza spazio per altri 1.200 miliardi di alberi. La riforestazione dovrebbe riguardare prevalentemente terreni degradati e abbandonati; Stefano Mancuso aggiunge a questi luoghi anche gli spazi urbani, poiché le città tra 30 anni ospiteranno il 70% della popolazione mondiale (oggi siamo al 50%). Piante dappertutto, allora:  sui tetti delle case, sulle facciate dei palazzi, negli stadi, nelle scuole, lungo ogni strada. Mille miliardi di alberi in più, sembra un’utopia. Eppure, in molte parti del mondo hanno già iniziato. La Trillion tree campaign (Campagna per 1000 miliardi di alberi) si propone l’obiettivo di piantare almeno 1000 miliardi di alberi in 30 anni. Al momento i cinque paesi più attivi sono i due colossi asiatici – Cina e India – l’Etiopia, il Pakistan e il Messico; anche l’Italia non si difende male con il 12° posto nella virtuosa classifica dei Paesi che piantano più alberi. Riforestare, infine, aiuta il clima ma aiuta anche la salute delle classi più basse: nei territori ricchi di verde le disuguaglianze di salute tra ricchi e poveri sono meno accentuate.