Storia del volley: uno sport per chi lavora (2)
Cinque anni dopo la comparsa della pallacanestro, nel febbraio del 1896, il professor Morgan – a seguito di un anno di sperimentazioni – fece scendere in campo i suoi allievi per offrire ai colleghi e al preside dell’istituto YMCA di Holyoke (Massachusetts) la prima dimostrazione pubblica di un nuovo gioco di rimando che non prevedeva il contatto fisico: alla forza e alla prestanza fisica di rugby, pugilato e canottaggio si contrapponevano agilità e destrezza, prontezza di riflessi e capacità di concentrazione, acrobazia e velocità. Era nata la pallavolo o volleyball (letteralmente “palla sparata”); il primo nome francese – “mintonette” – fu subito abbandonato, grazie all’intuizione di un collega di Morgan. Qualche mese più tardi sulla rivista “PhisicalEducation” vennero pubblicate le prime regole del volleyball; nell’articolo si leggeva: “La pallavolo è un gioco che si può praticare nelle palestre e sui campi scoperti; il numero dei giocatori è illimitato; il gioco consiste nel rimandare il pallone dall’una all’altra parte della rete con l’uso delle mani senza che esso tocchi terra; il gioco ha le caratteristiche del tennis e della pallamano; la rete è alta 198 cm, il campo è 15,23 m per 7,62 m”. Nell’esecuzione della battuta erano consentiti due tentativi, come nel tennis; il pallone era buono solo se cadeva oltre i tre metri dalla rete del campo avversario (nel tennis vale la regola contraria); se il pallone toccava la rete durante il gioco era considerato fallo; il numero delle volte in cui si poteva toccare il pallone era illimitato, il che rendeva il gioco poco avvincente; un solo aspetto del gioco di allora non sarà mai modificato: il divieto di trattenere il pallone con le mani (come nella pallamano). All’inizio Morgan utilizzò i pesanti palloni da basket, ma già nel 1896 l’azienda Spalding mise a disposizione il primo pallone ufficiale da volley, molto più leggero; nel 1900 si iniziò a giocare con palloni molto simili a quelli odierni. Per Morgan il nuovo gioco andava apprezzato soprattutto per i positivi riscontri sanitari che avrebbe avuto sui lavoratori: “Il gioco del Volley-ball è una cura mentale oltre che fisica. La ricezione della palla e il suo rinvio vincente permettono, in effetti, lo sviluppo di un giudizio preciso; il lavoro di squadra e il lavoro importante di scambi tra le due squadre è sommato alla complessità del gioco con tendenza a fissare l’attenzione. Perciò è benefico anche al lavoratore, che ha bisogno di uno sport che permetta di esercitare le sue facoltà mentali“.
Sembra significativo sottolineare che il volley nasce all’interno della morale religiosa dei cristiano-evanglici dell’YMCA e che per tali ragioni si differenzi fortemente dall’individualismo e dalla violenza di altri sport, come il football americano. La filosofia educativa che Morgan trasferisce nel nuovo sport prevede che “l’exploit personale sia messo al servizio della squadra” e che si possa esprimere “il bisogno di aiuto per arrivare ai risultati.”. Probabilmente il notevole successo popolare della pallavolo nei Paesi socialisti e in quelli asiatici risiede proprio in questa accentuazione dello spirito collettivo del gioco, una connotazione che ne ha invece limitato lo sviluppo nella madre patria, gli Stati Uniti. La pallavolo rimase all’inizio limitata ai diversi college YMCA statunitensi, ma la rete stessa dell’associazione rappresentò un ottimo trampolino di lancio per la diffusione nel mondo. (segue)
Tags In
Tags
Categorie
- Alimentazione (80)
- Antropologia (43)
- Biologia (38)
- Dipendenze (60)
- Cervello e Psicofarmaci (11)
- Dipendenze e salute (34)
- Storia delle droghe (15)
- Ecologia (44)
- Salute (88)
- Invecchiare bene (19)
- Malati e malattia (29)
- Salute e società (40)
- Sessualità (35)
- Sport (99)
- Movimento e salute (28)
- Storia della pallavolo (28)
- Storia dello sport (45)