Olimpiadi di Barcellona. Nel 1992 in Italia erano iniziati i telegiornali delle reti Mediaset – allora Fininvest – di Silvio Berlusconi, mentre con l’arresto del socialista Mario Chiesa era iniziato “mani pulite”, il coraggioso tentativo di un gruppo di magistrati milanesi di far rispettare le regole, arrestando i ladri e i mascalzoni. A Capaci la mafia aveva ucciso il giudice Falcone, la moglie e 3 agenti di scorta. Con il socialista Giuliano Amato Presidente del consiglio, era stata abolita la “scala mobile”  che tutelava i salari dall’aumento del costo della vita.

Il 25 luglio re Juan Carlos dichiarò aperti i giochi della XXV olimpiade. Parteciparono oltre 9.000 atleti di 169 nazioni; fece il suo ritorno il Sudafrica di Mandela, che mancava dal 1960, dopo la vergogna dell’apartheid; la Germania – dopo la caduta del muro di Berlino e la successiva riunificazione – tornò a gareggiare con un’unica rappresentativa; l’Unione Sovietica fu sostituita dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI); Lettonia, Lituania ed Estonia, Croazia, Bosnia e Slovenia parteciparono normalmente, mentre gli atleti della Serbia, soggetta a sanzioni ONU, presero parte ai giochi sotto la bandiera del CIO;  si rivide anche Cuba, assente nelle ultime due edizioni e l’Etiopia. La cerimonia di apertura dei giochi fu affidata alla compagnia teatrale La Fura dels Baus; l’inno dell’Olimpiade fu cantato da Freddie Mercury (scomparso l’anno prima) e dal soprano spagnolo Montserrat Caballé. Nell’atletica leggera vi fu duello nel medagliere tra gli USA – 12 ori e 8 argenti – e il CSI –  7 ori e 11 argenti. Lo statunitense Carl Lewis non poté difendere il titolo sui 100 m perché aveva mancato la qualificazione alle selezioni statunitensi: fece da spettatore alla gara di cui era bicampione olimpico e campione del mondo in carica, vedendo vincere il nero inglese Linford Christie. Nella semifinale dei 200 m lo statunitense Marsh corse in 19’’73, solo un centesimo oltre il limite mondiale di Mennea. In finale il velocista nero non si migliorò, ma vinse l’oro. Sia sui 100 che sui 200 vinse l’argento un giovane ingegnere minerario della Namibia, Franckie Fredericks. Carl Lewis vinse gli ultimi 2 ori della sua carriera nella staffetta 4×100 e nel salto in lungo; la staffetta veloce con Lewis, Marsh, Mitchell e Burrell stabilì il nuovo mondiale con 37’’40 davanti alla Nigeria e a Cuba; nel lungo ennesimo duello tra Lewis e Mike Powell, che l’anno prima aveva superato con 8,95 il record di Beamon del 1968. Quincy Watts vinse i 400 con un eccezionale 43’’50, mentre Young vinse i 400 ostacoli col record mondiale di 46’’78; entrambi scomparvero dopo i giochi. La staffetta Usa 4 x 400 vinse l’oro con il record del mondo; tra loro Micheal Johnson (nella foto), atleta leggendario, che ha tolto il record dei 200 m al nostro Mennea ed è tuttora primatista mondiale nella staffetta lunga. Grande oro nel salto in alto per il cubano Javier Sotomayor, attuale detentore del record all’aperto (2,45). Nell’atletica femminile l’oro nei 100 m andò alla statunitense Devers, quello sui 200 m alla sua connazionale Torrence; nei 200 m fu terza la giamaicana Marlene Ottey, capace di vincere in carriera 9 medaglie olimpiche, l’ultima a 40 anni a Sidney, e 3 titoli ai mondiali; la francese di Guadalupe Perec vinse i 400 m; nei 1.500  vinse l’oro la campionessa del mondo algerina Hassiba Boulmerka,  simbolo delle donne musulmane e dei loro diritti, minacciata dall’integralismo islamico; nei 10.000 oro alla giovanissima etiope Derartu Tulu: dopo il traguardo la Tulu attese la concorrente sudafricana bianca che aveva cercato di batterla; le due atlete fecero insieme il giro di pista. Nella ginnastica l’ex Unione Sovietica vinse 10 ori su 17, lasciando 2 ori alla Cina e alla Romania; il bielorusso Vitaly Scherbo si dimostrò ginnasta completo con esercizi al limite della perfezione: conquistò 6 medaglie d’oro di cui 4 nella stessa giornata e divenne il primo ginnasta a vincere 6 ori nella stessa Olimpiade. (segue)