Circoncisioni e mutilazioni
Circoncisioni e mutilazioni sono interventi sull’anatomia dell’apparato genitale maschile e femminile, di significato molto diverso. Negli anni ’50 negli Stati Uniti era invalsa una moda alquanto strana, ossia la circoncisione di tutti i neonati di sesso maschile. In quegli anni evitarono l’intervento poco più del 5% della popolazione. Ai nostri giorni la circoncisione è tra gli interventi chirurgici più diffusi al mondo: si stima che un uomo su tre sia circonciso. Il termine circoncidere viene dalle parole latine circum (attorno) e caedere (tagliare), quindi letteralmente significa tagliare attorno. Si tratta, infatti, di un piccolo intervento chirurgico che consiste nell’asportare il prepuzio, un sottile strato di pelle che ricopre il pene. La circoncisione viene praticata da secoli. La conoscevano persino alcune popolazioni preistoriche e sicuramente gli antichi Egizi. In campo antropologico la troviamo soprattutto all’interno dei riti d’iniziazione, spesso per certificare il passaggio all’età adulta. In campo religioso rappresenta un elemento distintivo per due religioni monoteiste: tutti i bambini di religione ebraica vengono circoncisi all’ottavo giorno di vita, mentre per i giovani di religione musulmana la circoncisione avviene tra i 5 ed i 7 anni. Al di là di questi ambiti, non ci sono validi motivi di altro genere per praticarla. L’igiene intima maschile, può essere carente o soddisfacente a prescindere dall’essere o meno circoncisi. La circoncisone non dà nessuna reale beneficio igienico, ma può risultare necessaria nelle fimosi, restringimenti della pelle del prepuzio che rendono difficile scoprire il glande.
Molto più controversa è l’altra circoncisione, quella femminile, che fa parte di un insieme di pratiche chiamate mutilazioni sessuali femminili. Sono almeno 40 gli stati in cui tali pratiche sono diffuse, soprattutto nell’Africa sub-sahariana. Sudan, Somalia e Mali guidano questa poco onorevole classifica che vede ogni anno due milioni di bambine aggiungersi ai 120 milioni di donne (stime ONU) che subiscono questo trattamento per motivi rituali. Altri stati che praticano la mutilazione dei genitali femminili sono la Nigeria, l’Egitto, il Kenya e diversi paesi arabi (nonostante le autorevoli prese di posizione in senso contrario di molti leader religiosi islamici). In realtà le mutilazioni attraversano le culture e le religioni, essendo presenti anche in popolazioni animiste, protestanti, cristiane, ebree. Quasi sempre non aver subito la mutilazione sessuale significa isolamento sociale, visto che nella tradizione culturale di chi le pratica sono –paradossalmente – considerate un segno d’attenzione. Sono tre le principali forme di mutilazione. La circoncisione femminile è la forma meno cruenta, poiché può limitarsi ad una piccola incisione del clitoride. L’escissione prevede il taglio del clitoride e quello parziale o totale delle piccole labbra. L’ infibulazione (dal latino fibula, spilla) o circoncisione faraonica consiste nella chiusura della vagina attraverso una sutura che lascia solo un piccolo passaggio per l’urina ed il sangue mestruale, con asportazione o meno del clitoride e delle piccole labbra. Questo tipo di intervento viene fatto o alla nascita (in Nigeria) a da bambine (in Somalia) o alla pubertà (in Uganda). Da alcuni anni il problema ha iniziato ad essere trattato anche dai nostri mass media e dalle nostre istituzioni, poiché in Italia vivono decine di migliaia di donne infibulate e spesso i genitori richiedono un intervento medico per limitare i problemi sanitari che queste pratiche comportano (principalmente infezioni ed emorragie, ma anche ritenzioni urinarie o cisti). Al di là del giudizio di ognuno sul rispetto delle tradizioni e delle culture diverse dalle nostre, ricordiamo che due tra i più importanti organismi mondiali, l’OMS e l’UNICEF, hanno espresso una ferma condanna di ogni forma di mutilazione femminile. (2007)
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