Ricordo di Stefano Benni
“Bisogna assomigliare alle parole che si dicono”. Con questa frase molte volte ho cercato di riassumere il mio rapporto con il mondo. Il pensiero non è mio, ma di Stefano Benni uno dei più grandi scrittori del ‘900, morto qualche giorno fa nella sua Bologna all’età di 78 anni. Ho letto tutti i romanzi di Benni e – da figlio unico – l’ho sempre considerato un fratello maggiore. Mi affascinava il suo uso della lingua italiana, pieno di giochi di parole e neologismi, invenzioni e trasfigurazioni, la sintesi tra l’elemento fantastico-surreale e la raffinata e pungente satira della società italiana. Molti hanno conosciuto Benni su riviste e quotidiani come L’espresso, Panorama, la Repubblica, il Manifesto, Cuore, Tango e Linus. Il suo esordio, però, fu su una rivista mensile di fumetti (Il Mago) dove pubblicò, a puntate, la prima parte di Bar Sport. Benni è stato anche un notevole autore televisivo, in particolare per Beppe Grillo. Nel 1983 uscì Terra!, il suo primo romanzo, pubblicato come gli altri da Feltrinelli. La storia è ambientata a 170 anni dal presente, dopo 4 guerre mondiali (di cui una non voluta) , con il pianeta ricoperto di neve e ghiacci e la società esasperata da corruzione e inquinamento. Nel 1986 arriva Comici spaventati guerrieri, romanzo metropolitano che trasfigurando persone e situazioni, racconta la realtà degli anni ’80, della “Milano da bere”. Tre anni dopo il romanzo diventa una sceneggiatura e Benni debutta nel cinema. Il film si chiama Musica per Vecchi animali ed è interpretato dal premio Nobel della Letteratura Dario Fo e da Paolo Rossi. Gli incassi al botteghino non sono un gran che, ma riceve una meritata candidatura al Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Finiscono gli anni ’80 e Benni scrive Baol, romanzo fantasy con maghi buoni e realtà virtuali, gerarchi fascisti e attrici porno; il potere è mantenuto attraverso la manipolazione di immagini e video. I riferimenti sono più che chiari, la lettura come sempre lascia in bocca il sorriso e la rabbia. Nel 1992 esce La compagnia dei Celestini, uno dei migliori esempi di urban fantasy; nei libri di Benni iniziano ad essere protagonisti i bambini, in questo caso tre orfani in fuga da un orrendo orfanatrofio, che compiono un viaggio pieno di pericoli e insidie per partecipare al Campionato Mondiale di Pallastrada. Elianto viene pubblicato nel 1996 e racconta Tristitalia, una democrazia dittatoriale, diretta da un supercomputer; anche qui il protagonista è un bambino, l’intelligentissimo Elianto, prigioniero in una clinica privata, ma capace di battere l’impero malvagio fatto di televisione e leccapiedi. Gli ani ’90 si chiudono con Spiriti (2000), il romanzo che descrive la lotta tra i signori della guerra, parodia degli Stati Uniti di Bill Clinton, e gli Spiriti della natura. Ripensandoci ora, per molti aspetti Benni ha anticipato il tema centrale di Avatar (che uscirà nel 2009). L’anno successivo arriva in libreria Saltatempo (2001), un libro che ho letto almeno 3 volte. E’ l’autobiografia di Lupetto, lo stesso Benni, che nel corso degli anni vede il cambiamento in peggio del suo paesino – e dell’Italia – dagli anni 50 al presente, attraverso la distruzione dell’ambiente, il consumismo e l’avidità del potere. Achille piè veloce (2003) è la storia di una fortissima amicizia tra uno scrittore (Ulisse) e un giovane paralizzato (Achille) che può comunicare solo con un computer. Negli anni seguenti usciranno Margherita dolcevita (del 2005 con un forte messaggio anti-consumistico e ambientalista), Pane e tempesta, La traccia dell’angelo (che parla di depressione e dipendenza da farmaci), Di tutte le ricchezze, Prendiluna e, infine, Giura, l’ultimo romanzo del 2020, che in parte riprende temi e luoghi di Saltatempo.
Perché leggere uno scrittore come Benni? Per la capacità del suo sguardo di scandagliare lucidamente la società, collocando i suoi difetti e le sue assurdità in una dimensione senza tempo. Il mondo attuale che non sta affrontando il riscaldamento climatico, che impoverisce il 99% dell’umanità (per arricchire l’1%) e pensa al riarmo e a possibili guerre mondiali è il mondo che Stefano Benni ha già descritto nei suoi romanzi. Dobbiamo essere disperati, allora? No, perché negli scritti di Benni non manca mai la speranza, in genere incarnata da spiriti, maghi o bambini, come contrapposizione a un potere adulto corrotto e stupido. “Io, più invecchio e più penso che ho vissuto un grande privilegio: quello di poter fare un lavoro che non è mai stato separato dalla mia vita“. Questo “privilegio” dovrebbe essere un diritto universale e Stefano Benni l’ha raccontato meglio di tutti. (nella foto le copertine di tre libri di Stefano Benni)
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