Chimica dell’innamoramento
Chimica dell’innamoramento, sembra strano parlare di chimica per l’innamoramento e l’amore, eppure le neuroscienze ci dicono che esiste un profondo collegamento tra emozioni, sentimenti e risposte chimiche. Le emozioni, secondo il grande scienziato portoghese Antonio Damasio, sono meccanismi omeostatici fondamentali per la sopravvivenza quando si presentano variazioni provenienti dall’interno o dall’ambiente esterno; sono risposte chimiche che nascono a livello neuronale; un’emozione come la gioia, ad esempio, a livello fisiologico, comporta vasodilatazione, aumento della pressione del sangue, rilassamento dei muscoli facciali. I sentimenti per Damasio, invece, sono immagini mentali cosapevoli delle modificazioni indotte nel corpo durante lo stato emozionale. Le emozioni, dunque, sono azioni visibili dagli altri, poiché si manifestano sul volto o nella voce, quando accadono; i sentimenti, invece, sono una questione privata, più intima, invisibile agli altri ma evidente solo a chi la prova. Le neuroscienze da anni studiano le emozioni fondamentali quali l’aggressività, le passioni e la depressione con gli strumenti della biochimica, della fisiologia e dell’anatomia. L’innamoramento è sicuramente una delle più profonde e universali emozioni. Inoltre, è fondamentale per la conservazione della specie. Agli inizi degli anni ottanta i neurobiologi hanno iniziato a studiare l’innamoramento ed hanno proposto di considerarlo in due stadi distinti: un primo stadio di attrazione e desiderio, ossia di tutto ciò che riguarda la formazione della coppia, ed un secondo dell’attaccamento. La fase dell’attrazione è mediata dal neurotrasmettitore dopamina, quella dell’attaccamento dall’altro neurotrasmettitore serotonina. L’attrazione ha alcuni tratti comuni. Inizia quando qualcuno entra nella nostra mente e subito diventa per noi affascinante ed unico; tutti pensiamo che l’emozione che si prova sia particolare, esclusiva; durante la fase dell’attrazione sono percepite diverse emozioni, spesso contemporaneamente: esaltazione, euforia, desiderio, gelosia, timore; dal punto di vista neurovegetativo invece sono frequenti rossori e tachicardia, improvvise sudorazioni e pallori. Svariati studi hanno provato in modo ormai sicuro che tutte le situazioni che producono piacere stimolano i neuroni del sistema dopaminergico mesolimbico, detto anche “sistema della ricompensa”. Il rilascio del neurotrasmettitore dopamina controlla, pertanto, il desiderio, compreso quello sessuale, il piacere ed i comportamenti motori collegati alla consumazione degli oggetti del desiderio, siano essi cibi, droghe o attività sessuali. Una conferma di queste ipotesi arriva dallo studio dei farmaci neurolettici che, agendo sui recettori di dopamina, da un lato bloccano le psicosi, ma dall’altro bloccano anche il piacere ed il desiderio sessuale. I neuroni che rilasciano dopamina sono stati selezionati per alcune funzioni fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo e della specie: l’assunzione di cibo e la riproduzione sessuale. Negli animali da esperimento, nei ratti in particolare, il rilascio di dopamina precede l’accoppiamento vero e proprio: è sufficiente che l’animale veda o annusi la femmina – fase appetitiva della sessualità – perché inizi la liberazione della molecola. Naturalmente, la produzione di dopamina continua durante tutta la fase consumatoria per arrestarsi e tornare ai livelli basali alla conclusione dell’atto sessuale. Tornando al meccanismo generale di rilascio della dopamina, colpisce che gli stessi meccanismi che sostengono il piacere e il desiderio nell’innamoramento, valgano anche per le droghe.D’altronde – fa notare il neuro-scienziato G.L. Gessa – i termini addiction, schiavitù, dipendenza trovano pari impiego nel campo dell’amore ed in quello delle tossicomanie. Forse i meccanismi sono molto o del tutto simili e la biologia fra qualche anno chiarirà quelle che oggi sono interessanti ipotesi di lavoro. Resta, invece, apertissimo un altro grande campo d’indagine per la neurobiologia. Tutti, fin da bambini, costruiamo col tempo una specie di mappa dell’amore nella quale scriviamo i tratti fisici, psichici e caratteriali che qualcuno deve avere per essere per noi “interessante” in un certo periodo della nostra vita. Probabilmente anche questa mappa utilizza i neurotrasmettitori come elementi costitutivi: riuscire a leggerla potrebbe essere una delle prossime frontiere delle neuroscienze. (nella foto Amore e psiche di Antonio Canova, 1790 circa) (2010)
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