Sesso biologico
L’identità sessuale di ciascuno di noi è il risultato di un processo influenzato da diversi aspetti, biologici, psicologici, educativi e socioculturali. Più specificamente contribuiscono ad essa l’identità di genere, il ruolo di genere, l’orientamento sessuale e il sesso biologico. L’identità di genere è la consapevolezza che hanno le persone di essere maschi o femmine e può – nel caso della transessualità – non coincidere con il sesso biologico. Il ruolo di genere è, invece, legato al contesto socio-culturale, che definisce ciò che ci si aspetta da un maschio e da una femmina (anche a livello sportivo, con attività considerate – fino a qualche anno fa – tipicamente maschili, come boxe e rugby). L’orientamento sessuale, infine, è l’attrazione affettiva e/o sessuale verso persone del proprio sesso, di quello opposto o entrambi, con conseguente omosessualità, eterosessualità e bisessualità. Tutto, però, parte dal sesso biologico, caratteristica determinata dai cromosomi presenti nel nucleo delle nostre cellule; i cromosomi portano l’informazione genetica: sono loro a stabilire se la cellula appartiene ad un uomo o ad un topo, ad un giovane con occhi chiari o scuri, ad una ragazza che, trovando condizioni ambientali favorevoli, crescerà fino a 180 o 160 cm. I cromosomi stabiliscono, inoltre, se la cellula appartiene ad un maschio o ad una femmina. Nella specie umana ci sono 23 coppie di cromosomi, i cui membri appaiono identici portando, in effetti, coppie di geni esattamente corrispondenti. Vi è tuttavia un’importante eccezione: la coppia di cromosomi sessuali i cui membri sono molto diversi tra loro; il cromosoma X è tra i più grandi della serie, l’altro – il cromosoma Y – è tra i più piccoli: entrambi determinano il sesso: in tutti i mammiferi gli individui con due cromosomi X sono femmine, quelli con un X ed un Y sono maschi. Quest’anno la rivista britannica Nature ha pubblicato un’analisi completa ed approfondita del cromosoma X, dopo che due anni fa erano stati resi noti i risultati dello studio del cromosoma Y. Nei mammiferi i due cromosomi sessuali derivano probabilmente da un cromosoma primitivo non sessuale dal quale si sono differenziati circa 300 milioni di anni fa, in 5 tappe evolutive. Il cromosoma X contiene 1098 geni, meno del 5% dei geni totali, ma le malattie ad esso legato sono oltre 300 (tra cui daltonismo, emofilia, distrofia muscolare, cardiopatia, infertilità maschile, leucemia ed epilessia), la percentuale più alta di ogni altro cromosoma. Le donne hanno due copie di tutti i geni presenti sul cromosoma X, mentre gli uomini ne hanno una sola: se su quella è presente un gene difettoso si sviluppa la malattia. Ecco perché le patologie del cromosoma X sono quasi esclusivamente maschili: le femmine risultano per la maggioranza portatrici sane, i maschi invece hanno un’alta probabilità di ammalarsi. Poiché la cellula uovo contiene sempre il cromosoma X, la differenziazione sessuale è, in primo luogo, determinata dal cromosoma presente nello spermatozoo (se è X sarà femmine, se è Y sarà maschio) e continua dalla nascita fino alla pubertà tanto in senso fisico che psicologico. Una volta deciso il sesso biologico, le femmine crescono più rapidamente dei maschi: raggiungono prima il 50% della loro statura adulta, entrano prima nella pubertà; in compenso, smettono prima di crescere. Le ragazze sono anche fisiologicamente più mature in molti organi e sistemi (tutti i denti permanenti, ad esempio, compaiono prima nelle femmine): potrebbe essere questa – secondo J. M. Tanner, il più grande auxologo contemporaneo – la spiegazione per cui alla nascita sopravvivono più femmine che maschi, indipendentemente dal livello generale di mortalità perinatale. Allargando lo sguardo oltre i confini della nostra specie, osserviamo che la maggior precocità di maturazione delle femmine è una caratteristica condivisa da molti mammiferi e da quasi tutti i Primati (nella foto Ermafrodito e Salmace di Ippolito Scarsella, 1580-1595). (4-2007)
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