Storie, un ricordo di Sebastiano Vassalli
Qualche settimana fa si è spento a Casale Monferrato lo scrittore Sebastiano Vassalli, uno dei maggiori autori del dopoguerra. Vassalli aveva 73 anni e soffriva di un tumore incurabile: due mesi prima di morire aveva ricevuto la candidatura ufficiale dall’accademia svedese al premio Nobel 2015 per la Letteratura, l’ultimo riconoscimento per un grande scrittore dalla biografia difficile. Vassalli era genovese di nascita, ma si era presto trasferito a Novara dove era cresciuto in una famiglia di prozii; dopo la laurea in Lettere a Milano, aveva lavorato come insegnante. Aveva fatto parte del Gruppo 63, il movimento artistico di avanguardia – che annoverava personaggi come Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini, Umberto Eco, Alberto Arbasino – ma non come letterato, bensì nel campo della pittura, la sua prima passione. La notte della cometa. Il romanzo di Dino Campana, lo aveva fatto conoscere nel 1984 al grande pubblico. Tre anni dopo, nel romanzo L’oro del mondo, aveva descritto l’Italia del primo dopoguerra. La chimera nel 1990 era stata la sua consacrazione: con questo romanzo storico Vassalli aveva vinto il Premio Strega ed era stato finalista al Premio Campiello; il libro è la storia di Antonia, una trovatella del ‘600 adottata da una famiglia contadina della bassa novarese e finita sul rogo con l’accusa di stregoneria. Dopo la notorietà dei romanzi, Vassalli aveva iniziato a scrivere sui più importanti quotidiani italiani (Repubblica, Stampa, Corriere della Sera). Nei romanzi successivi aveva continuato il suo mestiere di “viaggiatore nel tempo”, riuscendo sempre a rappresentare – attraverso personaggi indimenticabili – la condizione umana nel corso della storia. Marco e Mattio (1992) è ambientato nella Valle di Zoldo, nel Bellunese, nel ‘700; Stella avvelenata (2003) è un viaggio nell’oceano di un gruppo di eretici in fuga dall’Inquisizione fino all’America nel ‘400; con Cuore di pietra (1996) Vassalli racconta la storia di una casa di Novara, a partire dalla spedizione dei Mille fino al presente, periodo in cui si muove la coppia protagonista di Archeologia del presente (2001) e i tanti personaggi di La morte di Marx, una serie di racconti uscita nel 2006. Viaggiando nel tempo Vassalli ha visitato anche il futuro, con 3012: l’anno del profeta, (1995) e il passato remoto, con Un infinito numero (1999), ambientato tra gli Etruschi. La mia passione per le opere di Vassalli – per tutto quello che ha scritto – è la sua capacità di costruire grandi affreschi storici partendo da avvenimenti e personaggi apparentemente marginali. Vassalli diceva che le grandi storie erano tutte nel passato o nel futuro, mentre nel presente era impossibile capire quello che sarebbe diventato davvero importante. Per questo ha scritto spaziando in quasi tutta la storia recente e antica. L’ultimo suo libro è stato Io Partenope, raccontato – come non aveva mai fatto – in prima persona. Il libro– uscito un mese dopo la sua morte – è la storia di una donna straordinaria vissuta nel ‘600, Giulia Di Marco, che ha dedicato la propria esistenza ad aiutare gli altri. Diversamente da Antonia, protagonista coeva de la Chimera, Giulia sopravvive alla tortura dell’Inquisizione e diventa amica del grande artista Gian Lorenzo Bernini: un messaggio di speranza – sembra far intendere Vassalli – da riporre soprattutto nelle donne e nell’arte. Vassalli ha sempre parlato con franchezza del pessimo rapporto con il padre (“un nullafacente, dedito alla borsa nera e fascista fino in fondo”) e del disturbo mentale della prima moglie (“una catastrofe progressiva, la depressione, gli squilibri mentali”), paventando anche per se stesso la possibilità di finire in manicomio come il poeta Dino Campana, protagonista del suo primo romanzo. La scrittura in questi casi è una potente terapia, un mezzo di sopravvivenza per andare oltre le vicende personali. In questa continua ricerca delle storie umane, alla fine Vassalli ha – meglio di tutti – raccontato l’Italia e per questo gli va detto grazie. (10-2015)
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