Il prossimo gennaio si terrà a Milano il Convegno nazionale “A 40 anni dalla fondazione di Medicina Democratica” con due giornate di lavoro: la prima su salute e sicurezza sul lavoro; la seconda sulla difesa del Sistema Sanitario Nazionale. Medicina Democratica è presente in Italia da oltre 40 anni; è stata fondata a Milano negli anni ’70 – da Giulio Maccacaro – e da allora ha portato avanti ininterrottamente centinaia di battaglie per la salute dei lavoratori e dei cittadini e per una medicina e una scienza libere da condizionamenti economici. L’atto costitutivo di Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, risale ai primi anni settanta; il suo primo congresso nazionale si è tenuto a Bologna nel 1976 preceduto da un pre-convegno tenutosi a Milano nel 1975 (al quale ho avuto l’onore di partecipare, in rappresentanza della sezione toscana).  La grande novità di Medicina Democratica è stata il suo essere, soprattutto, un’aggregazione spontanea e autonoma di gruppi di lavoratori e popolazione auto-organizzati sul territorio, assieme a tecnici, ricercatori e intellettuali. In questi primi quattro decenni di vita l’associazione ha avuto tre grandi linee-guida. Innanzitutto, la partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori – e della popolazione auto-organizzata nel territorio – alle indagini in fabbrica sulle su tutta la catena produttiva. In secondo luogo, il rifiuto della monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro e nel territorio. Terzo principio, il rifiuto di delegare la propria salute ai tecnici, non accettando la cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica, dalle quali discenderebbe l’oggettività dei cicli produttivi e l’impossibilità di modificarli.  “Il contrasto fra lavoro e salute è presente da sempre; la salvaguardia salute, agli inizi della rivoluzione industriale, era un fatto del tutto privo di interesse; successivamente la perdita di salute constatata è diventata monetizzazione salariale e solo negli anni 69-73 è stato posto il problema e si è operato per eliminare o ridurre l’impatto della nocività nei luoghi di lavoro e nell’ambiente. Ma tale dato è stato tutt’altro che definitivo” Quanto si afferma in questo documento di MD è evidente, se si pensa a quanto è accaduto in questi anni all’ILVA di Taranto, alla Caffaro di Brescia, alle centrali ENEL a carbone di Vado Ligure e Brindisi, alla fabbrica di amianto Eternit di Casale Monferrato. L’elenco potrebbe continuare con lo spaventoso inquinamento della discarica abusiva di rifiuti tossici più grande d’Italia nella Val Pescara oandando un po’ indietro nel tempo – con i casi della Icmesa di Seveso, delle industrie chimiche di Porto Marghera e di molti altri siti industriali inquinanti. Il messaggio forte che ha sempre caratterizzato Medicina Democratica – ieri a Seveso e a Porto Marghera, come oggi a Taranto – è che la salute operaia e la salute del territorio sono valori sui quali non si può trattare; le morti e  le malattie dei lavoratori, le morti e le malattie di chi vive in prossimità degli impianti industriali, i disastri ambientali non sono mai incidenti imprevedibili o singoli errori umani, ma quasi sempre conseguenze inevitabili di logiche produttive che sfruttano e danneggiano lavoratori e ambiente, da studiare, comprendere e combattere. Per tutto questo è prezioso il lavoro svolto da Medicina Democratica in questi primi 40 anni e per tutto questo va detto grazie a un movimento che ha sempre messo al primo posto la lotta per il diritto più importante, la lotta per la salute. (2016)