Uno dei principali errori che si possono fare in biologia è quello di pensare che l’evoluzione proceda in una direzione, verso una forma finale che vede la nostra specie come culmine dell’evoluzione. La classica immagine degli alberi evolutivi con rami superiori che procedono verso l’alto è fuorviante e andrebbe sostituita da cespugli circolari con rami che vanno in tutte le direzioni. La nostra specie – al pari di tutte le altre ancora viventi – rappresenta solo uno dei possibili percorsi evolutivi tra i tanti potenziali; niente in biologia giustifica una visione di progresso che partirebbe da alghe e batteri – forme semplici – per arrivare agli animali superiori e all’uomo. Stephen Jay Gould è stato uno dei massimi biologi del ‘900; la sua teoria degli equilibri punteggiati (con Niles Eldredge) è uno dei capisaldi della nuova biologia evoluzionistica; in qualità di studioso di Darwin e di grande divulgatore del darwinismo, Gould ha sempre avuto presente il rischio del finalismo, a partire dal termine stesso “evoluzione“, che sembra rimandare a un concetto di crescita e di aumento di complessità. La parola “evoluzione” in biologia, invece, vuole semplicemente dire che tutti gli organismi cambiano – evolvono, appunto – diversamente da quanto avevano pensato quasi tutti i biologi prima di Darwin. A partire da Aristotele, infatti, la concezione “fissista” aveva posto tutti gli esseri viventi in una scala gerarchica naturale e non aveva considerato possibile alcuna variazione nel corso del tempo. Gould, in modo solo apparentemente provocatorio, circa 20 anni fa ci ha invitato a riflettere su un dato empirico evidente: quella presente non è l’età dell’uomo – o antropocene – ma è l’età dei batteri, come lo sono state tutte le precedenti. Il motivo è semplice: i batteri – più dell’uomo – sono ovunque e da miliardi di anni e si sono adattati a tutti gli ambienti del nostro pianeta. Ecco i cinque motivi per i quali – secondo Gould – dobbiamo parlare di età dei batteri o batteriocene.  Il tempo è la prima prova a favore dei batteri. I batteri sono gli organismi più antichi della Terra: batteri e Archea esistono da oltre tre miliardi e mezzo di anni e per alcuni miliardi di anni sono stati gli unici abitanti della Terra. Le testimonianze fossili dei primi organismi viventi sono stimate a 3,8 miliardi di anni fa, circa 800 milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta. I primi fossili di cellule eucariotiche – le cellule con nucleo separato dal resto della cellula – risalgono a 1,8 e 1,9 miliardi di anni fa; poco dopo arrivarono i primi organismi pluricellulari vegetali, le alghe marine; fino a circa 580 milioni di anni fa non abbiamo alcuna traccia fossile di organismi animali pluricellulari. La massima diversificazione sembra il secondo punto di forza dei batteri. In quasi 4 miliardi di vita i batteri hanno potuto sperimentare tutte le possibili strategie di adattamento ai vari ambienti selezionando tutti i tipi di metabolismo conosciuti. Diversamente dalla nostra specie, i batteri sono straordinariamente diversificati, vivono in tutte le nicchie ecologiche abitabili da organismi viventi e sono capaci di funzionare con ogni tipo di metabolismo. Il loro successo evolutivo è legato alla impressionante capacità di fornire variabilità biologica da sottoporre alla selezione naturale. L’enorme spazio nella tassonomia moderna è il terzo motivo che giustifica la superiorità batterica. Il grande sviluppo delle tecniche di sequenziamento dei genomi ha rivoluzionato le vecchie classificazioni basate soprattutto su caratteristiche morfologiche; nella recente rivoluzione tassonomica abbiamo tutti gli organismi viventi raccolti in tre grandi regni: il primo è il regno Bacteria, che comprende da solo esclusivamente tutti i batteri; il secondo è il regno Archea, con forme viventi procariotiche – molto simili ai batteri – capaci di vivere in condizioni estreme, come altissime temperature o forti concentrazioni di sale; il terzo, infine, è il regno Eucarya, con i tre vecchi regni degli organismi pluricellulari: piante, animali e funghi. Il quarto puntello del batteriocene è la spaventosa grandezza della biomassa batterica.  Se misuriamo tutta la vita organica del nostro pianeta in termini di contenuto di carbonio, le piante costituiscono oltre l’80% della biomassa; del restante 20% di biomassa non vegetale, il 77% è dato da batteri e Archea (70% batteri, 7% Archea), il 12% dai funghi, il 4% dai protisti e solo il 2% da animali, di cui la metà artropodi come insetti, ragni e crostacei; la nostra specie, da tutti considerata la più invadente e diffuso del pianeta – in termini di peso ha lo stesso valore del krill o delle termiti (dai calcoli dell’astrofisico Tom Gold, in realtà, la massa dei batteri del sottosuolo potrebbe essere superiore a quella della flora e della fauna esistenti in superficie). Lo spazio è il quinto e ultimo motivo a favore dei batteri, ovvero la loro perfetta ubiquità. I batteri occupano ogni posto adatto all’esistenza della vita. Possiamo trovare miliardi di batteri in pochi grammi di terreno di un orto o di un giardino, milioni in una goccia della nostra saliva; la nostra pelle ospita circa 100.000 microbi per centimetro quadrato; levando l’acqua, il 10% del nostro peso è formato da batteri.
In conclusione, i batteri contendono all’ uomo il dominio della terra, anzi – dice Gould – sono oggi l’unico nostro antagonista. Non solo i batteri possono essere considerati i dominatori della Terra, ma possono rappresentare l’unica forma di vita comune a tutto l’Universo. L’ultimo aspetto da non trascurare riguarda l’estrema utilità biologica dei batteri. La fotosintesi batterica ha fornito il primo ossigeno dell’atmosfera – che ha permesso la vita aerobia nelle terre emerse – e, insieme alle piante, continua ad essere, ancora oggi, la fonte principale di produzione di ossigeno atmosferico. I batteri, inoltre, fissano l’azoto nei suoli della Terra, creano le reti alimentari degli ecosistemi non dipendenti dall’energia solare; le loro simbiosi, infine, sono essenziali in molti dei processi principali e degli equilibri della vita. I batteri sono dentro di noi e sono dentro tutte le nostre cellule. Tutte le cellule piante e animali hanno, infatti, un ricordo indelebile del mondo batterico. All’interno della cellula eucariotica i mitocondri, fondamentali per la produzione di energia, e i cloroplasti, indispensabili per la fotosintesi, sono antichi batteri entrati in simbiosi, un miliardo e mezzo di anni fa, in parte indipendenti dalla cellula e possiedono ancor oggi un loro cromosoma di tipo batterico. Senza batteri, pertanto, la vita che oggi vediamo e conosciamo non ci sarebbe.