Chimica e salute: Porto Marghera
Porto Marghera è una località del comune di Venezia sulla terraferma. Dopo i pesanti bombardamenti della II Guerra mondiale, sia il porto sia le industrie andarono distrutte; negli anni successivi la produzione industriale riprese e – a partire dagli anni ’50 – Porto Marghera divenne uno dei poli industriali più importanti, con gli impianti dell’Enichem Agricoltura e con il Petrolchimico della Montedison.
Gianni Moriani nel libro La nocività in fabbrica e nel territorio (Bertani, 1974) denunciava oltre 50 incidenti e migliaia di operai intossicati tra il 1972 e il 1974; un rapporto del 1972 dell’oncologo Cesare Maltoni denunciava la tossicità cancerogena del cloruro di vinile monomero (CVM). Secondo Greenpeace negli anni ‘70 dal Petrolchimico venivano rilasciate quasi 250.000 tonnellate di fumi tossici l’anno; 22.000 tonnellate annue di composti tossici, molti dei quali cancerogeni, comprese 45 tonnellate di metalli pesanti, venivano scaricate attraverso le acque; 80 milioni di tonnellate di fanghi tossici sono state scaricate prima in laguna e successivamente nell’Alto Adriatico; 4.000 tonnellate di scarti di produzione dell’acido fluoridrico e fosforico venivano scaricate quotidianamente in laguna fino alla fine del 1988. Fino a tre anni fa, nell’area del Petrolchimico sono stati censiti 1500 camini da cui vengono immesse annualmente in aria 53.000 tonnellate di 120 diverse sostanze tossiche e nocive. La salute operaia ha pagato un prezzo altissimo:160 lavoratori morti, un altro centinaio permanentemente menomati per i processi produttivi tossici al Petrolchimico di Porto Marghera.
L’inchiesta del giudice Felice Casson sul cloruro vinile monomero è iniziata nel 1994 su denuncia di un operaio; nel 1996 è cominciato il processo; nel 2001 la sentenza di primo grado aveva incredibilmente assolto tutti gli imputati; il tribunale di II grado ha finalmente portato alla condanna dei vertici della chimica del tempo riconoscendo le responsabilità personali e le colpe soggettive dei dirigenti della Montedison (Casson ha raccolto la difficile storia delle sue indagini nel libro La fabbrica dei veleni, Sperling & Kupfer, 2007). Il legame tra le malattie professionali, gravissime e rarissime, dei lavoratori del Petrolchimico e le modalità produttive, impiantistiche e gestionali dell’azienda è fuori discussione: si è usato per anni un cancerogeno in grado di mutare il DNA delle cellule – il cloruro vinile monomero – senza le precauzioni necessarie, tenendone nascosta la rischiosità ed esponendo i lavoratori a malattie incurabili come l’angiosarcoma epatico, la sindrome di Raynaud e diverse epatopatie. La sentenza Montedison ha ribadito che le morti operaie, le malattie dei lavoratori e il disastro ambientale non sono incidenti imprevedibili o errori umani, ma la conseguenza inevitabile di una logica produttiva, che sfrutta i lavoratori e disprezza l’ambiente. I dirigenti Montedison sono stati condannati (una anno e mezzo per omicidio colposo) per quello che secondo Luigi Mara di Medicina Democratica, è stato il più grave disastro industriale accaduto in Europa occidentale. (nella foto un manifesto di Medicina Democratica sulle lotte per la salute a Porto Marghera e Venezia) (2012)
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