Dieci tesi sulla fragilità
La nostra fragilità è, in primo luogo, una fragilità biologica. Una fragilità legata all’incompletezza e all’imperfezione fisica della nostra specie, rispetto agli altri gruppi animali. La nostra resistenza e la nostra forza, pertanto, sono sempre state legate alla cooperazione e alla cultura. Per questo, la fragilità dei nostri tempi è, soprattutto, una fragilità sociale: è la perdita di reti protettive, di solidarietà e cooperazione, è la solitudine, è il rischio di rimanere soli esposti alle malattie e alla povertà. Ecco dieci tesi sulle fragilità di oggi.
- Le malattie del passato – infettive e carenziali – hanno lasciato il posto alle malattie cronico-degenerative: cardiopatie e ictus, tumori, malattie respiratorie croniche e diabete. Le malattie croniche, nella maggioranza dei casi, non guariscono, le terapie non sono quasi mai risolutive, mentre hanno grande importanza stili di vita salutari, quasi sempre legati al livello di istruzione e reddito delle persone.
- La longevità assoluta della popolazione italiana è tra le più alte al mondo ed è stabile da anni; dal 2003 in poi si è ridotta fortemente – per la prima volta e in particolare per le donne – la longevità in buona salute, ossia gli anni trascorsi senza farmaci e altri presidi medici.
- L’inquinamento continua a essere la più grande causa ambientale di malattia e morte prematura: un autobus che ci passa davanti ci fa ricevere in pochi secondi tutti i radicali liberi che riceveva un nostro antenato; agli effetti cronici dell’inquinamento urbano, legato ai motori e ai sistemi di riscaldamento domestico, in molte parti d’Italia dobbiamo aggiungere il pesante inquinamento di fabbriche e centrali, come l’Ilva di Taranto o le centrale a carbone di Civitavecchia e di Brindisi
- Negli ultimi 8 anni sovrappeso e obesità nei bambini italiani sono scesi dal 35% al 30%; siamo, però, ancora terzi – dietro USA e Grecia – nella classifica dell’obesità infantile mondiale; tutto il nostro Sud, inoltre, presenta valori aumentati di oltre 10 punti – sopra il 35% – rispetto al Nord; i bambini obesi, infine, vivono quasi sempre in famiglie con poco reddito e basso livello scolastico (dati 2017 di OKkio alla Salute).
- Con la dieta mediterranea, ricca di nutrienti, povera di calorie vuote (zucchero, cibo-spazzatura) e a base di alimenti vegetali, la popolazione ha un’alta protezione dai tumori e dalla malattie cardiovascolari; al diminuire del reddito – e della scolarizzazione – le famiglie risparmiano sulle spese alimentari, tagliando proprio i prodotti più protettivi; anche la dieta mediterranea risulta inefficace, se non abbinata a cibi di qualità (studio Moli-Sani, 2016).
- Nessuno mette più in discussione la grande protezione fornita dall’attività fisica per le malattie croniche. Siamo, però, all’ultimo posto in Europa per numero di praticanti di attività sportive e aumentano anche le persone sedentarie, ormai stabili oltre il 40% (contro il 35% di 15 anni fa); la situazione è critica anche nella fascia 6-10 anni, aggravata dal fatto che solo nel 50% delle scuole elementari e medie si svolgono attività motorie pomeridiane, quindi gratuite, con picchi negativi al Sud (Quinto atlante dell’infanzia – a rischio – di Save the Children, 2014).
- In Italia ci sono tra un milione e un milione e mezzo di portatori cronici del virus HCV (2%), responsabile dell’epatite C, il numero più alto in Europa. Il paradosso tragico di oggi vede da un lato finalmente disponibile la cura per debellare una delle più terribili malattie infettive, dall’altro l’impossibilità di estenderla a tutti i malati per i costi imposti dalla logica di mercato. Le aziende farmaceutiche produttrici dei farmaci per la malattia stanno ripetendo la stessa cinica strategia degli anni ’90, quando hanno fatto profitti milionari con i farmaci anti HIV. Le associazioni di malati – come EpaC – sono state lasciate sole a protestare, non capendo che la loro battaglia è l’unico modo di difendere un sistema sanitario pubblico, universalistico e gratuito. Assordante il silenzio delle associazioni mediche (con poche eccezioni come Salute Internazionale).
- Una delle più diffuse malattie croniche è il diabete. Si parla, a ragione, di pandemia diabetica, una pandemia a fortissima connotazione socio-economica. Un dato rende ben l’idea: in Italia nella fascia 45-64 anni si ammala una persona su 37 (2,7%) tra i laureati, contro 1 su 9 (11,5%) tra chi ha una licenza elementare o nessun titolo di studio; una volta ammalati, anche la gestione del diabete è peggiore nei gruppi a basso reddito: le complicazioni – a livello di cuore, reni e retina – arrivano in anticipo e sono curate con maggiore fatica.
- Nei persone con disagio economico dopo una diagnosi di tumore e l’inizio della chemioterapia si ha un rischio di ridotta risposta alle cure del 35%; nelle stesse persone, per le spese delle cure legate alla chemioterapia (financial toxicity), il rischio di morte è maggiore del 20% (meta-studio dell’IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli su Annals of Oncology 2019).
- Nel 2018 per dodici milioni di italiani è stata necessaria la rinuncia alle cure sanitarie; quasi otto milioni, inoltre, si sono indebitati per spese sanitarie; il totale dà venti milioni, un terzo dell’intera popolazione (rielaborazioni di dati CENSIS e ISTAT); cinque milioni di italiani, infine, per motivi economici hanno rinunciato alle cure odontoiatriche (dati ISTAT, 2017)
Conclusioni. Nel rapporto finale dei lavori della Commissione sui determinanti sociali di salute dell’OMS (2013) erano presenti il Premio Nobel per l’economia Amartya Sen e il nostro Giovanni Berlinguer. Le conclusioni di tre anni di lavoro sono state riassunte in una sola frase: “la principale causa di malattia nel mondo è l’ingiustizia sociale” (nella foto uno studio del 2015 che mostra la perdita di un anno circa di vita ad ogni fermata della metropolitana di Glasgow che si allontana dal centro).
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