Diventeremo tutti obesi?
Diventeremo tutti obesi? La domanda sembra provocatoria, ma viene spontanea dato che da circa venti anni l’obesità sta acquisendo i caratteri di una vera e propria pandemia: nel mondo ormai oltre un miliardo di persone risulterebbero in sovrappeso. E in Italia? da noi il problema riguarderebbe circa 20 milioni di persone e tra queste quasi 6 milioni (un decimo della popolazione) potrebbero essere definite obese. Secondo l’indagine ISTAT del 2007, le persone in sovrappeso sono più di un terzo della popolazione, il 35% per l’esattezza, con punte oltre il 40% in regioni come la Puglia e valori minori – intorno al 30% – in Lombardia e Trentino Alto Adige. L’obesità si attesta, sempre secondo l’ISTAT, al 10%: anche qui abbiamo situazioni regionali un po’ diversificate: al Centro Nord i valori medi sono tra il 7% e l’11%, al Sud superano sempre il 10%, tranne la Sardegna. A metà anni ’90, il sovrappeso era circa il 30%, l’obesità meno del 7%.
Ma che cos’è l’obesità? In ultima analisi, semplicemente la conseguenza di un bilancio energetico positivo che si protrae nel tempo. In altri termini, questa condizione si instaura quando per lungo tempo gli apporti energetici sono superiori alle spese energetiche. Chi è obeso? Lo strumento migliore per valutare sovrappeso e obesità – nonché eccessiva magrezza – è sicuramente l’Indice di Massa Corporeo (IMC o BMI, dall’inglese Body Mass Index). Il primo Indice di massa corporea è stato ideato da Adolphe Quetelet, matematico e statistico belga, che studiando le caratteristiche della crescita umana si rese conto che il peso cresceva con l’altezza. Per oltre un secolo il nuovo indice fu pochissimo utilizzato, finché agli inizi degli anni 50 un imponente studio su 4 milioni di cittadini USA scoprì che già allora chi non manteneva il peso aveva più probabilità di ammalarsi. Un dato non di poco conto, visto che lo studio era commissionato dalle assicurazioni sanitarie statunitensi. A fine anni ’50 un secondo studio – su quasi 5 milioni di statunitensi – definì il concetto di peso ideale come peso medio per una certa altezza, riprendendo il vecchio indice di Quatelet. Chi superava del 20% il peso medio rientrava nell’obesità. L’associazione tra obesità e rischio di malattia era stabilita e le assicurazioni sulla vita e sanitarie ne avrebbero sempre più tenuto conto. Nel 1972 Ancel Keys, Flaminio Fidanza e altri nutrizionisti hanno proposto l’Indice di Massa Corporeo, che ancora oggi tutti utilizziamo (Indices of relative weight and obesity. – NCBI).
Come si calcola il valore di IMC? Con due semplici operazioni. Prima si calcola il quadrato dell’altezza in metri. Poi si divide il peso in kg per il quadrato dell’altezza in metri; ad esempio, una persona alta 1,8 m avrà un quadrato di 3,24 (1,8 x 1,8 = 3,24), se pesa 80 kg, basta dividere questo valore per il quadrato dell’altezza (80/3,24 = 24,69) e si otterrà un numero che definisce con buona approssimazione se si rientra in una di queste condizioni: sottopeso (IMC minore di 18,5), normopeso (IMC tra 18.5 e 25), sovrappeso (IMC tra 25 e 30 oppure oltre il 10% del peso di riferimento per sesso e classi di età), obesità (IMC oltre 30 oppure oltre il 20% del peso di riferimento), obesità grave (IMC oltre 40 oppure oltre il 40% del peso di riferimento).
Quali sono i vantaggi e i limiti dell’IMC? Il vantaggio di questo indice è la semplicità di calcolo e di utilizzo. Con l’IMC possiamo farci un’idea di massima della condizione ponderale di una persona di età media e mediamente attiva. Il limite maggiore dell’IMC è la sua valutazione del peso in sé senza l’importante distinzione fra massa grassa e muscoli (massa magra). Il grande campione Alberto Tomba nel decennio in cui dominava lo sci mondiale (1986-1996), pesava 89 kg per 1,82 m di altezza. Pur non avendo un filo di grasso, risultava avere un IMC di 29,7, ovvero quello di una persona in marcato sovrappeso, vicinissima all’obesità; tutto questo, però, era determinato dall’eccellente tono muscolare, non dal grasso. Dobbiamo buttare l’IMC, allora? No, ma conviene utilizzarlo con accortezza e valutarne sempre una possibile integrazione con altri dati, biografici – età e sesso, in particolare – e antropometrici (circonferenze addominali, soprattutto) (nella foto Alberto Tomba) (2008)
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