Il “mercato della salute” rappresenta circa il 10% dei consumi in Europa, addirittura il 15% oltreoceano e le grandi aziende farmaceutiche (Big-pharma) oggi danno lavoro a oltre mezzo milione di persone.  Il giardiniere tenace dello scrittore inglese John Le Carrè (nella foto un’immagine dal film tratto dal romanzo) è uscito nel 2001 come un durissimo atto d’accusa per le multinazionali del farmaco, un settore produttivo che ha attirato negli ultimi decenni una quantità impressionante di denunce a livello di libri e di mass media. Richard Smith, ex direttore del British Medical Journal intervenendo al congresso della Fondazione Diritti Genetici ha detto: Le riviste mediche sono ormai un braccio del settore marketing delle compagnie farmaceutiche”. Il giornalista medico australiano Ray Moynihan, ha scritto Farmaci che ammalano e case farmaceutiche che ci trasformano in pazienti, documentando la preoccupante tendenza attuale acreare malattie inesistenti per i farmaci che devono essere comunque venduti, come una merce qualsiasi che una volta prodotta deve trovare un acquirente.  Ci troviamo probabilmente di fronte ad una crisi profonda della medicina, anzi di quello che è stato definito il complesso medico-industriale di cui le aziende farmaceutiche sono solo la parte più visibile e spregiudicata. Come ha scritto Roberto Satolli, la medicina è passata da una dimensione artigianale ad una industriale. Fino agli anni 50 le cure mediche dovevano principalmente soddisfare bisogni acuti e di breve durata, in individui piuttosto giovani. “Nella seconda metà del XX secolo, l’invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza di malattie a lento decorso progressivo hanno trasformato la domanda sanitaria, orientandola verso bisogni cronici, cioè continui e di lunga durata, da parte di individui sempre più anziani. (…) Questi cambiamenti, creando potenziali clienti permanenti, hanno posto le basi per la nascita di una vera industria, che come tale non può seguire regole professionali, ma deve assoggettarsi alle leggi del mercato e della concorrenza.” Il passaggio ha avuto come conseguenza l’assunzione delle logiche imprenditoriali tipiche dei sistemi industriali e il bisogno di espandere continuamente il mercato. Nasce, pertanto, un mercato che non ci doveva e che non ci dovrebbe essere, il mercato delle salute e delle malattie con l’applicazione delle strategie di marketing alla salute, con la continua ridefinizione dei confini tra salute e malattia. Aggiunge Satolli “ Per assicurare una continua crescita del mercato potenziale, vitale per qualsiasi settore economico in florida espansione, occorre ridefinire continuamente i confini tra salute e malattia e abbassare le soglie di intervento sui fattori di rischio (per esempio di pressione, colesterolo e zuccheri nel sangue), in modo da allargare il dominio sui cui si esercita l’azione della medicina. Questo è il primo passo. Perché il mercato potenziale si trasformi poi in fatturato reale occorre anche condurre grandi campagne di sensibilizzazione, sulle malattie e sui fattori di rischio, con l’obiettivo di rendere consapevoli i cittadini della necessità di curarsi anche se si sentono in buona salute.” Tornando al testo di Ray Moynihan citato all’inizio, si comprende a questo punto la spinta inevitabile alla medicalizzazione forzata di ogni aspetto dell’esistenza: dall’ipertensione alla depressione, dalla menopausa all’osteoporosi, dal deficit di attenzione nei bambini alla sindrome dell’intestino irritabile. Il sogno malato di questa tendenza l’ha espresso con franchezza il direttore generale della Merck, una delle maggiori multinazionali farmaceutiche. Henry Gadsen ha detto qualche anno fa alla rivista Fortune che il suo sogno era creare farmaci per le persone sane, così da poter vendere medicine a tutti. Ci stiamo arrivando. (2012)