Nel 1986 mi sono trovato a viaggiare per una decina di giorni nell’Africa del Sahel, quella porzione di continente che sta subito sotto il deserto del Sahara. Di quel viaggio ricordo soprattutto il mio soggiorno a Ouagadougou, la bellissima capitale del Burkina Faso. Ricordo come fosse oggi l’entusiasmo della popolazione, il fervore di tutti, l’orgoglio dei burkinabè per il loro esperimento di “socialismo ecologico africano”. Mi rimane ancora impressa la scritta che lessi all’ingresso di una caserma: “Un militare senza coscienza politica è un criminale”. Il perno di tutto questo era Thomas Sankara, l’eroe di una rivoluzione popolare che nel 1983 aveva cambiato la storia dell’allora Alto Volta. A gennaio il capitano Thomas Sankara era stato nominato Primo Ministro, ma dopo 4 mesi il presidente Jan Baptiste Ouedraogo lo aveva fatto arrestare e destituito. L’arresto di Sankara era stato seguito da violenti scontri e manifestazioni popolari, finché Ouedraogo era stato costretto a rimetterlo in libertà. Dopo altri 3 mesi, con un golpe militare, Thomas Sankara era diventato capo di stato: era l’agosto 1983, aveva solo 34 anni. La prima cosa che fece fu di cambiare il nome al Paese: scomparve il coloniale Alto Volta e nacque il Burkina Faso, la “terra degli uomini liberi e integri”. Il Paese africano rischiava la progressiva desertificazione che avrebbe ulteriormente aggravato il quadro agro-alimentare, segnato da carestie ricorrenti e miseria endemica. Come aveva ben rilevato l’agronomo francese René Dumont, già nel 1960, un anno dopo l’indipendenza degli stati della regione: “I governi a sud del Sahara stanno sbagliando tutto: l’agricoltura è all’ultimo posto nelle loro preoccupazioni, mentre dovrebbe essere al primo. Oggi producono cibo a sufficienza e ne esportano, ma continuando a privilegiare le città rispetto alle campagne ben presto non potranno più nutrire i loro popoli“. Dal 1983 al 1987, Sankara riuscì a realizzare riforme sociali incredibili che trasformarono letteralmente il Burkina Faso. In campo ambientale, con l’aiuto dello stesso Dumont, fu intrapresa una lotta senza quartiere alla desertificazione, piantando alberi e limitando l’allevamento, che impoveriva suoli ormai al limite. Nel campo della salute, furono vaccinati contro il morbillo, la meningite e la febbre gialla il 60% dei bambini burkinabé e furono costruiti nuovi ambulatori e dispensari nei villaggi; furono condannate la poligamia e l’infibulazione; fu messa in guardia la popolazione dall’imminente epidemia della “nuova “malattia infettiva: l’Aids, le Sida come si diceva allora in Burkina. Nel campo dell’educazione, furono edificate moltissime nuove scuole (aumentò enormemente la percentuale di bambini scolarizzati, ricordo che la mattina a Ouagadougou non si vedevano bambini: erano tutti a scuola) e si cercò di raggiunger un’alfabetizzazione rapida nelle campagne. In campo economico, fu posto come obiettivo primario l’autosufficienza alimentare e lo sviluppo delle campagne – seguendo il consiglio di René Dumont – ma rifiutando gli aiuti internazionali e le ricette del Fondo monetario: il pane – ad esempio –  era fatto con la farina di miglio perché il mais doveva essere importato. In politica, Sankarà fece quello che tutti i politici dovrebbero fare: applicò anche a se stesso ed ai suoi collaboratori le scelte che venivano “imposte” ai cittadini. Poteva capitare di vedere il Presidente Sankarà, con il vestito tradizionale burkinabé verde, girare in bicicletta per la città o partecipare all’ora di ginnastica collettiva del giovedì pomeriggio.  Furono vendute le auto ministeriali, imponendo ai ministri di servirsi di utilitarie (Sankarà aveva una Renault 5, io forse inconsciamente la comprai qualche anno dopo). Non erano solo “rose e fiori”, nel Burkina Faso di Sankarà i dissidenti non erano previsti e gli oppositori lo accusavano di autoritarismo e di demagogia, ma Sankarà in soli 4 anni fece vedere che era possibile una “via africana allo sviluppo”, capace  di eliminare sia la povertà sia la dipendenza dall’Occidente (evidentemente collegate).  Il 15 ottobre 1987 Thomas Sankara venne assassinato con un colpo di stato organizzato da alcuni ufficiali dell’esercito, tutti vecchi amici del presidente, tra cui Blaise Compaoré , un tempo compagno di lotta di Sankara,  oggi presidente del Burkina Faso. A 22 anni dalla sua morte, la figura di Thomas Sankara sopravvive nella memoria di milioni di africani: ogni 15 ottobre una grande folla rende omaggio alla sua tomba a Ouagadougou: l’immagine di questo giovane rivoluzionario che osò sfidare i grandi del mondo, e che seppe incarnare le speranze di liberazione di un intero continente, resta un esempio di integrità e di coraggio che riempie di orgoglio milioni di africani (per saperne di più www.thomassankara.net) (2009)