Intolleranze alimentari
Le intolleranze alimentari sono diventate un argomento di forte polemica tra chi le vede coinvolte in molti aspetti patologici della vita quotidiana (la medicina olistica) e tra chi ne nega persino l’esistenza (larga parte della medicina ufficiale). Pochi dubbi e controversie, invece, sull’intolleranza al lattosio e sul favismo.
Le persone che con un semplice test, il “breath test” (prova del respiro), accertano di avere un’intolleranza al lattosio, possono migliorare sensibilmente la qualità della loro vita, semplicemente eliminando il latte dalla loro dieta. L’intolleranza al lattosio consiste nell’incapacità di scindere il lattosio contenuto nel latte nei due zuccheri semplici di cui è fatto, glucosio e galattosio, per l’assenza dell’enzima che deve “rompere” il lattosio, la lattasi. Se non viene digerito, il lattosio che rimane nell’intestino viene fatto fermentare dalla flora batterica con produzione di gas e di diarrea. La mancanza congenita di lattasi è piuttosto rara, mentre più frequentemente il problema nasce dal progressivo declino dell’attività di questo enzima dall’età prescolare a quella adulta. L’intolleranza al lattosio riguarda il 50% della popolazione mondiale, ma la sua diffusione dipende anche dal gruppo etnico di appartenenza: si ha nell’80-95% dei neri e degli orientali, nel 50% dei popoli mediterranei e nel 15% nel nord Europa. La spiegazione di queste diverse percentuali è un classico argomento di ecologia umana: la capacità di digerire il latte da adulti è stata, infatti, selezionata nelle popolazioni che hanno introdotto e mantenuto l’allevamento di animali dai quali è possibile ottenere latte; i popoli scandinavi – è notorio – hanno percentuali minime di intolleranza al lattosio, ma non sono i soli. Anche in Africa troviamo popolazioni, soprattutto nomadi, dedite all’allevamento del bestiame e, quindi, con elevato consumo di latte; grazie a questa abitudine solo il 16% dei Tutsi che vivono in Uganda sono intolleranti al lattosio.
L’altra importante intolleranza è il favismo, una malattia genetica, ereditaria, dovuta alla mancanza dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Le manifestazioni principali riguardano i globuli rossi nei quali si accumulano composti ossidanti, che ne distruggono le membrane cellulari, causando gravi anemie. Il favismo si manifesta, infatti, come una grave forma di anemia che segue l’ingestione di fave fresche o secche, crude o cotte o di piselli, o l’assunzione di alcuni farmaci. Il favismo è ereditario: il gene è localizzato sul cromosoma X, le donne quindi risentono in forma lieve del difetto genetico, mentre nei maschi si riscontrano le manifestazioni più gravi. L’unico modo per sapere con certezza se un individuo sia affetto è quello di sottoporsi all’esame del sangue ed eseguire il test del favismo. Le oltre 400 milioni di persone che soffrono di favismo devono assolutamente evitare di ingerire le fave e i farmaci a rischio. Le zone in cui il favismo è molto diffuso (oggi in Italia, soprattutto, la Sardegna) sono le stesse in cui il protozoo responsabile della malaria (il plasmodium falciparum) era diffuso in nel passato, o lo è tuttora, perché i globuli rossi malati degli individui affetti da favismo sono relativamente resistenti alla sua infezione e subivano – per questo motivo- un processo di selezione naturale, così come è avvenuto per l’anemia mediterranea. (2007, nella foto la scritta in inglese”Non c’è motivo per spingere chi è intollerante al lattosio a bere latte”)
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