Antipsicotici
La storia degli psicofarmaci antipsicotici – o neuroletttici o tranquillanti maggiori – inizia ai primi del ‘900, quando si scoprì che un derivato dell’anilina, la prometazina, possedeva interessanti proprietà sedative e antiallergiche (sfruttate per molti decenni dal farmaco Farganesse, antiallergico utilizzato anche come induttore del sonno). Dalla prometazina si ottenne la clorpromazina, usata inizialmente come sedativo. Lo scienziato francese Henry Laborit scoprì che il farmaco permetteva una particolare indifferenza agli stimoli ambientali, senza peraltro alterare lo stato di vigilanza. Ricerche successive (Delay e Deniker) misero in luce la sua capacità di migliorare le condizioni dei pazienti psicotici. Nel 1953 il Largactil – nome di mercato della clorpromazina – entrò in commercio, segnando l’inizio della psicofarmacologia moderna. Grazie all’enorme successo commerciale del nuovo farmaco, la ricerca di nuovi psicofarmaci antipsicotici fu intensa e nel giro di una decina di anni si giunse all’individuazione e alla messa a punto di quasi tutte le molecole di cui disponiamo oggi: in tutto una ventina di principi attivi, detti antipsicotici tradizionali, tra cui aloperidiolo (Serenase/Haldol), clotiapina (Entumin), flufenazina (Moditen) e promazina (Talofen). Recentemente hanno fatto la loro comparsa i nuovi antipsicotici, definiti atipici o di seconda generazione: risperidone (Risperdal), olanzapina (Zyprexa), quetiapina (Seroquel), aripripazolo (Abilify).
Tutti gli antipsicotici attualmente disponibili agiscono o sul metabolismo della dopamina di tutto il cervello (i tradizionali) o coinvolgono anche altri neurotrasmettitori, come la serotonina, oltre alla dopamina (atipici). Gli antipsicotici atipici sembrano avere un’efficacia superiore e una migliore tollerabilità rispetto ai tipici, in particolare sono meno associati a quelle contrazioni muscolari involontarie e dolorose (i cosiddetti disturbi extrapiramidali presenti in oltre un terzo dei casi) che richiedono un’ulteriore terapia farmacologica, in genere con biperidene/Akineton); inoltre, sono efficaci sia nel trattamento dei sintomi positivi delle crisi psicotiche – allucinazioni, deliri, disordini del pensiero e del linguaggio, catatonia – sia in quelli negativi – ritiro sociale, autismo, mancanza di manifestazioni affettive e di interessi. Tutti gli antipsicotici, tradizionali ed atipici, vengono impiegati prevalentemente per la terapia sintomatica della schizofreniae di altre manifestazioni psicotiche – anche legate all’uso di sostanze stupefacenti – per favorire il reinserimento sociale dei pazienti.
Gli effetti collaterali dei neurolettici incidono in modo significativo sulla qualità della vita dei pazienti: emicranie, sensazione di torpore e debolezza, difficoltà di accomodazione visiva, alterazione del ciclo mestruale nelle donne, impotenza nell’uomo, diminuzione del desiderio sessuale in entrambi i sessi, stitichezza, difficoltà ad urinare, notevole tendenza all’aumento di peso, sbalzi di pressione sanguigna, solo per citarne i più comuni. Uno studio recente – pubblicato nel febbraio 2009 sul Journal of Clinical Psychopharmacology – ha dimostrato che l’uso di farmaci psicotropi, compresi gli antipsicotici, è associato a un prolungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma (ECG), costituendo un importante fattore di rischio per alcune aritmia cardiache. Nonostante queste importanti controindicazioni, i farmaci antipsicotici hanno una diffusione sempre maggiore. Con oltre 4 miliardi di dollari di fatturato gli antipsicotici di seconda generazione Zyprexa e Risperdal sono stati tra i 10 farmaci più venduti al mondo nel 2005. (nella foto, James Ensor, L’entrata di Cristo in Bruxelles, 1889 ) (2010)
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