Perché alcuni gruppi umani riescono a portare molti loro membri alla soglie dei 100 anni e, comunque, presentano minori incidenze di malattie nella terza età? Che cosa hanno in comune i Sardi dell’Ogliastra, i Giapponesi di Okinawa e i Caucasici della Giorgia? Da che cosa dipendono la longevità assoluta e la longevità in buona salute (la definizione medica di una vita lunga e sana)?

Qualche anno fa i ricercatori della Loma Linda University hanno pubblicato uno studio sulla loro località, poco meno di 20.000 anime nella contea di S. Bernardino in California,  poiché era emersa una particolare longevità nella comunità religiosa locale degli “avventisti del settimo giorno“.  Se per Georgiani, Sardi e  Giapponesi – oltre alle abitudini salutari – entra in gioco anche di un bagaglio genetico particolarmente vantaggioso, nel caso degli avventisti nordamericani sembrano decisive soprattutto le scelte di vita adottate quotidianamente.

Tutti i gruppi umani longevi studiati condividono almeno quattro caratteristiche. Innanzitutto, non fumano; in secondo luogo, presentano adeguati consumi di cibi protettivi come frutta, verdura e cereali integrali; a livello sociale, mettono la famiglia al primo posto; in generale – quarto e decisivo ultimo punto – sono attivi ogni giorno e curano la vita sociale.
Lo studio californiano conferma, pertanto, lo stretto legame tra benessere fisico, benessere psichico e benessere sociale (la famosa definizione di salute dell’OMS di 50 anni fa): mangiare bene aiuta moltissimo, ma  non basta. Per vivere a lungo in buona salute bisogna essere inseriti in gruppi che valorizzino la terza e la quarta età, in cui le persone anziane svolgono un ruolo attivo e hanno un’intensa vita di relazione. Ecco il segreto di Sardi, Giapponesi, Georgiani e Avventisti californiani (nella foto la cartina delle zone del mondo dove si studiano popolazioni anziane in buona salute). (1/2009).