Gli stabilizzatori dell’umore sono in realtà farmaci da molti anni utilizzati per l’epilessia. Nascono tutti per combattere questa importante e diffusa malattia neurologica; solo successivamente ci si rese conto che erano utili anche per il disturbo bipolare o disturbo maniaco-depressivo. L’epilessia è una condizione cronica neurologica caratterizzata da ricorrenti e improvvise crisi epilettiche. La crisi epilettica è la scarica improvvisa, eccessiva e rapida di una gruppo di cellule nervose, neuroni, che fanno parte della sostanza grigia dell’encefalo. L’epilessia può manifestarsi ad ogni età ed in forme assai diverse. È fra le malattie neurologiche più frequenti: nel mondo dovrebbero esserci circa 50 milioni di malati di epilessia. Un gruppo eterogeneo di molecole controlla efficacemente le crisi epilettiche: alcune benzodiazepine, alcuni barbiturici, ma soprattutto litio, acido valproico e carbamazepina. Con il termine disturbo bipolare, o maniaco-depressivo, ci si riferisce in ambito psichiatrico a una malattia mentale che provoca forti sbalzi del tono dell’’umore, caratterizzato sia da episodi maniacali (o fasi di eccitamento) sia da depressione.

I farmaci stabilizzatori dell’umore sono spesso usati in associazione con altri psicofarmaci, generalmente insieme ad antipsicotici e antidepressivi. Il capostipite degli stabilizzatori dell’umore è sicuramente il litio, scoperto – per caso – negli anni ’40 dallo psichiatra australiano John Cade; in commercio con vari nomi (Carbolithium, poiché il principio attivo è il sale carbonato del litio, o Resilient 83), il litio mostra efficacia sia negli episodi maniacali sia in quelli depressivi del disturbo bipolare; appare anche utile nella prevenzione delle ricadute; il suo limite maggiore risiede nella potenziale tossicità, pertanto ogni 2-3 mesi va seguita la sua concentrazione nel sangue (litemia) e va valutata la funzionalità di tiroide e reni, poiché tra i principali effetti collaterali ci sono disturbi gastrointestinali (nausea, dolori addominali, diarrea), aumenti di peso, riduzione delle concentrazioni di potassio nel sangue, ipotiroidismo e alterazioni della funzionalità renale. Nel 1969 la Francia è stato il primo Paese a utilizzare come psicofarmaco lacido valproico (valproato di sodio, Depakin, o valproato di potassio, Depamag), una vecchia molecole scoperta nel 1882 e riscoperta nel 1961 come antiepilettico; l’acido valproico sembra piuttosto efficace nell’aspetto maniacale del disturbo bipolare, meno nell’aspetto depressivo; presenta minori contrindicazioni del litio, ma può dare facilmente aumenti di peso ed è sconsigliato alle donne in gravidanza e in età fertile per i potenziali danni a carico del feto. Come il valproato anche la carbamazepina (Tegretol) funziona bene nella fase maniacale, sia in acuto sia come prevenzione; con questo farmaco non ci sono particolari problemi riguardo al peso ma si possono avere seri problemi dermatologici. Altri farmaci utilizzati come stabilizzatori sono il gabapentin (Neurontin), la lamotrigina (Lamictal), l’oxcarbamazepina (Tolep), simile alla carbamazepina, il topiramato (Topamax) e il pregabalin (Lyrica). Per concludere, va detto che anche alcuni antipsicotici atipici –  Olanzapina (Zyprexa), Risperidone (Risperdal), Aripiprazolo (Abilify) – vengono utilizzati come stabilizzatori dell’umore, in particolare come anti-maniacali e per la prevenzione degli episodi maniacali del disturbo bipolare.

Appare evidente, dati i rischi di tipo metabolico connessi all’impiego degli stabilizzatori dell’umore, l’importanza di monitore attentamente la salute fisica di chi assume questi farmaci, favorendo, soprattutto nel caso di lunghi periodi di terapia, abitudini di vita che riducano il rischio di obesità e delle patologie ad essa associate. (nella foto La decalcomania di René Magritte, 1966) (2012)