Esistono profonde ragioni biologiche per le quali i piccoli di Homo sapiens, tra le specie animali, si rendono indipendenti dalla famiglia con più lentezza e ritardo, sia per quanto riguarda la sopravvivenza fisica e materiale sia per quella psicologica. Il processo di separazione dalla famiglia si compie gradualmente nell’adolescenza secondo un andamento non lineare: da un lato c’è il desiderio di autonomia e di trasgressione delle regole e delle dipendenze familiari, dall’altro resta il bisogno di una base sicura. Separarsi dalla famiglia è senza dubbio una delle imprese più spericolate che una persona si trova a compiere nel corso della sua vita, una condizione di cui molti genitori perdono la memoria, pur avendo loro stessi affrontato la stessa situazione. Nel corso dell’adolescenza il rapporto di dipendenza con la famiglia può cambiare: il bambino dipendente gradualmente diventa un giovane adulto, capace di contrapposizione e di critica ai genitori, che smettono di essere le uniche figure adulte di riferimento. L’ingresso nell’adolescenza è segnato dalle trasformazioni puberali che riguardano sia il corpo che la mente e fanno nascere desideri e passioni sconosciute. Il nuovo corpo adolescente può suscitare curiosità, imbarazzo, disagio, anche vergogna. La vergogna sembra essere il sentimento prevalente che accompagna la nascita sociale dei giovani: ogni debutto nel gruppo degli amici, ogni debutto nei primi amori adolescenziali, ogni debutto nella vita scolastica viene accompagnata dal sentimento di vergogna, di non essere all’altezza della situazione, di non essere all’altezza delle aspettative ideali (A. M. Benaglio, 2003). Françoise Dolto è stata una pediatra e psicoanalista francese, specializzata nell’ambito dell’infanzia. Una sua metafora rende bene la vulnerabilità di questa fase della vita: “Per capire la fragilità e la vulnerabilità dell’adolescente ricorriamo all’immagine dei gamberi e delle aragoste che perdono il loro guscio; essi si nascondono sotto le rocce fino a quando non hanno secreto un nuovo rivestimento che li difenda. Ma se durante il periodo in cui sono vulnerabili verranno colpiti, le ferite rimarranno visibili per sempre, il loro involucro coprirà le cicatrici ma non le cancellerà”. Spesso gli adolescenti non sono in grado di comunicare con le parole la loro trasformazione; la comunicazione, allora, si esprime spesso attraverso comportamenti incomprensibili o indecifrabili per gli adulti (gli psicologi parlano in questo caso di agiti): veloci cambiamenti di umore, manipolazione del corpo, rapporti conflittuali con il cibo, che possono anche diventare disturbi del comportamento alimentare. La famiglia biologica inizia a essere sostituita dalla famiglia sociale del gruppo dei coetanei, detta anche “gruppo dei pari”, mentre i giovani affrontano una serie di “compiti evolutivi” che possiamo riassumere in questo elenco: 1) costruire un’immagine di sé e del proprio corpo cambiato; accettare il proprio corpo e usarlo in modo efficace; 2) acquisire un’identità sessuale e un ruolo affettivo e sociale maschile o femminile; 3) raggiungere un’indipendenza emotiva dai genitori e dagli adulti; 4) creare legami significativi al di fuori della famiglia con coetanei di entrambi i sessi, elaborare un modo di pensare originale; 5) imparare a riconoscere, comunicare  e descrivere le proprie emozioni; 6) tracciare un proprio progetto di crescita che porti al raggiungimento dell’indipendenza economica e che prepari al mondo del lavoro; 7) definire un sistema di valori e di una coscienza etica autonoma; 8)  sviluppare un comportamento socialmente responsabile. In questo difficile e lungo percorso il “gruppo dei pari” sostiene, consola, consiglia, approva, punisce; nel gruppo si elaborano le difficoltà e i conflitti. Durante l’adolescenza appartenere ad un gruppo è un bisogno basilare, come mangiare e respirare, sancito dalla condivisione di valori, ideali, mode e consumi. Vestirsi in un certo modo, avere certi gusti musicali, persino consumare droghe e alcol, sono modalità che appartengono a rituali collettivi che rinsaldano legami e favoriscono l’appartenenza al gruppo. Come dice Vittorino Andreoli, “pur di essere accettati nel gruppo, si è disposti a fare qualsiasi cosa”; infatti, fare diversamente può significare essere diversi, può significare che si rischia di rimanere esclusi: “il problema non è di piacere ad un singolo coetaneo, è di piacere al gruppo nel suo insieme”. I genitori devono, quindi, capire i gruppi. “Il vero problema per i genitori – conclude Andreoli – non è chiedersi se è bene o male quello che fanno gli adolescenti, “perché lo faranno comunque”. Il problema è poterli in qualche modo aiutare. (nella foto Aci e Galatea di Jean Antoine Gros, 1833)