Quest’anno ricorrono i 120 anni della creazione della pallavolo; dallo strano gioco inventato nel 1895 dal professor Morgan molte cose sono cambiate. Oggi la pallavolo è lo sport più praticato dalle donne e dagli studenti.Tra i grandi sport di squadra è l’unico ad avere campionati femminili e maschili di pari livello e con la stessa storia (il volley esordì alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 con entrambi i tornei). Tutti conoscono ormai la pallavolo ufficiale e il beach-volley, ma esistono da tanti anni altri giochi di rimando della palla, che presentano regole leggermente diverse dalla pallavolo ufficiale a sei. Le ultime varianti del volley – la Pallavolo unificata e il sitting-volley – mi sembrano decisamente le più interessanti.

La pallavolo unificata, come tutto lo Sport Unificato, nasce per riunire nella stessa squadra atleti con e senza disabilità; l’obiettivo è far giocare insieme persone disabili e normo-dotate per realizzare momenti di forte inclusione.

Il sitting volley è nato in Olanda a metà degli anni ‘50, come sport senza supporti tecnici, in alternativa al volley che si praticava in carrozzina; nel 1976 è stato inserito come sport sperimentale nei Giochi paralimpici di Toronto, l’equivalente dei Giochi olimpici riservati ad atleti con disabilità fisiche; quattro anni dopo c’è stata l’introduzione nel programma ufficiale ad Arnhem; gli ultimi Giochi paralimpici di Londra del 2012 hanno dato grande visibilità alla disciplina; sono state trasmesse in diretta molte partite del torneo e abbiamo potuto assistere alla vittoria nel torneo maschile degli atleti della Bosnia (secondi i brasiliani). In Italia la patria del sitting volley è stata l’Emilia – patria anche della pallavolo tout court – e da qualche anno si sta capillarmente sviluppando in tutto il territorio nazionale. Ad aprile alla Fondazione Santa Lucia di Roma si è svolto il primo workshop “Sitting volley… una nuova opportunità di sport”, con l’intento aprire agli allenatori della pallavolo una finestra sul mondo dei diversamente abili. Il Santa Lucia è un centro di eccellenza nella riabilitazione in Italia; anche il suo centro sportivo è un’eccellenza, con la punta di diamante della squadra di basket in carrozzella, più volte campione nazionale. Nelle quattro e passa ore della mattinata abbiamo capito tante cose di questa disciplina che si può praticare senza ausilio di altri mezzi. È un volley che si gioca stando seduti (sitting in inglese vuol dire, appunto, seduti), in un campo più piccolo (6 x 10 metri) e con rete più bassa (110 centimetri); bisogna sempre stare con il sedere a contatto con il terreno di gioco al momento di colpire il pallone ed è permesso murare – sempre da seduti – il servizio avversario. Quando nell’ultima ora del work-shop ci hanno messo in campo con i ragazzi privi di arti del Santa Lucia abbiamo capito il senso profondo di questo gioco: ci siamo tutti scordati di essere ad un corso di aggiornamento, ci siamo fatti travolgere dall’entusiasmo e dalla voglia di giocare. C’era solo la bellezza e la creatività del gioco, il modo più significativo di fare integrazione. Per loro e per noi. (5-2015)