Nutrizione e fertilità
Nutrizione e fertilità hanno legami molto stretti e vanno sempre più considerati nei Paesi – come il nostro – con la tendenza costante al calo della natalità. In Italia, infatti, nascono sempre meno bambini e i dati relativi al 2017 confermano questa tendenza. Oggi i problemi di infertilità riguardano circa il 15% delle coppie del nostro Paese, il doppio di 20 anni fa. Ogni anno più di 100.000 persone si rivolgano ai centri specializzati per i problemi di fertilità; il problema riguarda nel 40% dei casi le donne, nel 40% dei casi gli uomini, nel 20% dei casi la coppia. Da molti anni si cerca di fronteggiare i cosiddetti esiti avversi della riproduzione legate a problemi di fertilità, aborti spontanei e gestosi. Nelle 28 raccomandazioni in proposito molte riguardano gli stili di vita e l’alimentazione. I principali fattori di rischio per la fertilità femminile – oltre l’endometriosi – sono sicuramente fumo, alcol e obesità. Sovrappeso e obesità, infatti, provocano un aumento dei parti cesarei, del diabete gestazionale, di pesi alla nascita superiore ai 4 kg (macrosomia) e della gestosi. Per gli uomini l’assenza di spermatozoi nel liquido seminale e il varicocele (un’alterazione patologica delle vene del testicolo) danno un notevole contributo ai casi di infertilità, ma pesano tanto anche gli stili di vita poco sani: alimentazione squilibrata, sedentarietà, alcol, droghe e fumo (che da solo causa la riduzione del 20% di spermatozoi). Negli ultimi 50 anni il numero degli spermatozoi maschili si è dimezzato, anche per effetto dell’inquinamento legato a molte sostanze chimiche, tra cui i bisfenoli della plastica delle bottiglie d’acqua.
Che fare, allora? Un recente studio spagnolo – pubblicato sul Journal of Nutrition – ha seguito per 3 anni 17.000 donne e 11.000 uomini della fascia di età 29-65 anni: chi ha seguito la dieta mediterranea non ha avuto aumenti di peso. In altri studi si è visto che con la dieta mediterranea si ha la riduzione (del 50-70%) dei difetti congeniti (labbro leporino, spina bifida) dei nascituri, un miglioramento della fecondazione assistita e minori disturbi ovulatori. Per molti aspetti, pertanto, questo modello alimentare costituisce una sorta di dieta della fertilità (fertility diet). Ricordiamone i punti salienti: almeno il 55% delle calorie da carboidrati di buona qualità (cereali integrali e legumi), il 15% dalle proteine (con equilibrio tra proteine animali e vegetali) e il 25-30% dai grassi. Per questi ultimi non più del 10% di grassi saturi, niente grassi trans e colesterolo sotto i 200 mg giornalieri; inoltre, pochissimi zuccheri aggiunti (meno del 5%), sale ridotto (massimo 1,5 grammi) e almeno 25 grammi di fibre. I vantaggi della dieta mediterranea per le donne in gravidanza sono legati, soprattutto, all’apporto di acido folico (vitamina B 9), una vitamina ben studiata già dagli anni ’80. Con apporti adeguati di questa vitamina si riduce il rischio di spina bifida, difetti cardiaci, labbro leporino (labio-schisi), autismo e alcuni tumori infantili. Per questo motivo nei LARN 2014 viene proposta una prevenzione primaria a tutte le donne in età fertile: 400 mg al giorno di acido folico – l’unico integratore davvero utile – e un’alimentazione con agrumi e kiwi, bieta e spinaci, crucifere e legumi, tutti alimenti ricchi di acido folico.
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