Calcio femminile, uno sport in ascesa
I Mondiali di calcio del 2015 in Canada e le Olimpiadi di Rio De Janeiro del 2016 hanno testimoniato l’eccezionale seguito che il calcio femminile riscuote nel mondo, con protagoniste assolute statunitensi e tedesche; con circa un milione mezzo di praticanti le ragazze USA sono sempre arrivate alle semifinali nei 7 mondiali e nei 6 tornei olimpici disputati, con l’eccezione di Rio, vincendo tre Mondiali e 4 Olimpiadi; per la Germania, invece, vittorie in due Mondiali e una Olimpiade; ai vertici sono arrivate anche Norvegia (un Mondiale e una Olimpiade) e Giappone (1 mondiale); tra le squadre arrivate a finali mondiali o olimpiche ci sono Brasile (3 volte), Svezia (2 volte) e Cina (2 volte); completano il quadro delle grandi scuole mondiali Inghilterra, Francia e Canada. Se ci riferiamo solo all’Europa, possiamo aggiungere Danimarca, Olanda (campione uscente) e la nostra Italia, 5 volte tra le prime 4 e due volte finalista (nel 1993 e nel 1997, battute da Norvegia e Germania). Nei paesi del Nord Europa l’attenzione che viene data al calcio femminile è notevole. Televisioni, giornali e internet garantiscono un’ampia copertura e il seguito di pubblico negli stadi è buono. In Germania il numero delle tesserate ha raggiunto il milione, in Canada 350.000, in Francia 90.000, in Inghilterra 80.000; si tratta di paesi in cui la partecipazione delle donne al lavoro è molto alta. Nella Champions League femminile le ultime 10 finali hanno sempre visto in campo, con due sole eccezioni, squadre tedesche o francesi.
In Italia il calcio femminile è rimasto per anni relegato ai margini, con una scarsissima visibilità da parte dei media; le atlete tesserate con la FIGC sono appena 11.000; si arriva a 24.0000, con l’aggiunta del settore giovanile e scolastico e degli enti di promozione sportiva. Qualcosa, però, sta cambiando. La Nazionale Femminile si è qualificata per la Mondiali del 2019 in Francia (vedi foto), 20 anni dopo l’ultima esperienza delle azzurre ai Mondiali degli USA. Da quest’anno, inoltre, la Divisione Calcio Femminile fa parte ufficialmente della FIGC, che ha organizzato i campionati di Serie A e di Serie B. Nella Serie A, infine, le ricchissime società professionistiche maschili hanno iniziato a organizzare una squadra femminile. Così, lo scudetto 2016-17 è andato alla Fiorentina Women; l’anno seguente alla Juventus Women, alla sua prima esperienza in Serie A; quest’anno bis per la Juventus W, con titolo assegnato all’ultima giornata su Fiorentina W e Milan W; anche Roma, Chievo e Sassuolo hanno acquisito i diritti per entrare a far parte della Serie A. Buoni segnali, ma tutto era cominciato 50 anni fa. Il 1968 non era stato un anno come gli altri. In Italia il terremoto del Belice in Sicilia aveva fatto quasi 400 morti; a Roma a Valle Giulia erano iniziati gli scontri tra studenti e polizia. Il sessantotto fu l’anno del Maggio francese, dell’assassinio di Robert Kennedy e di Martin Luther King, della Primavera di Praga dell’invasione sovietica, delle lotte antirazziste e della protesta studentesca contro la guerra statunitense in Vietnam. Il 1968 fu anche l’anno zero del calcio femminile italiano, con il primo campionato femminile disputato e vinto dal Genova, 70 anni dopo i primi tre storici scudetti maschili del Genoa (1898, 1899 e 1900). Nei 50 anni successivi la squadra più titolata del calcio femminile sarà una squadra sarda, la Torres di Sassari, con 7 scudetti e 8 Coppe Italia, conquistati in 35 anni di attività (dal 1980 al 2015). Il futuro del calcio femminile l’abbiamo visto il 24 marzo di quest’anno, quando Juventus W e Fiorentina W – prime e seconde in classifica – si sono affrontate allo Juventus Stadium di Torino, davanti a 40.000 spettatori, record di presenze in Italia per una partita di calcio femminile. Sara Gama, ottimo difensore e capitana della Nazionale, nata a Trieste da madre italiana e padre congolese, è il simbolo di uno sport non macchiato dal razzismo e dalla violenza che imperversano nell’ambito maschile. “I cori razzisti a Koulibaly? – ha detto – Nel nostro calcio non succedono cose così. Se non li si argina, questi fenomeni rischiano di diffondersi. C’è intolleranza, crescente. Il razzismo è uno dei virus dell’intolleranza”. “Quando riempi uno stadio così – ha concluso – è un sogno che si avvera” ed è stata la miglior risposta al presidente della Lega Dilettanti che solo tre anni fa, da responsabile del calcio femminile, aveva liquidato l’intero movimento con una infelice e squallida battuta (“basta soldi a 4 lesbiche“). Le 4 lesbiche andranno al Mondiale e tutta l’Italia sportiva tiferà per loro.
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