1. Pochi grandi gruppi controllano la produzione, la commercializzazione e la distribuzione del cibo che mangiamo. Queste industrie trattano il cibo come se fosse un giacimento di petrolio. Si cerca di produrre il più possibile al minor costo possibile, a scapito della qualità degli alimenti, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori che operano nella catena alimentare”.
  2. “La carne di maiale è un caso emblematico, utile a comprendere come funziona l’intero sistema. La filiera si alimenta di una serie di esternalità negative come l’inquinamento, il consumo di suolo e via dicendo, che vengono scaricate sulla comunità intera, ma non sul prezzo che paghiamo al supermercato
  3. “Cosa succede quando un miliardo e mezzo di cinesi decide di emulare i modelli alimentari occidentali, con consumi di proteine animali molto elevati, replicando un modello che già di per sé è insostenibile?
  4. “Una filiera che, nelle varie tappe, si compone dell’allevamento intensivo dei maiali stipati nei capannoni, delle grandi monocolture, sviluppate principalmente in Sud America, per poterli nutrire. È qui che troviamo i mangimi, prodotti con mais e soia che, in particolare, viene prodotta in spaventose distese che stanno portando al disboscamento di intere aree del Mato Grosso e della Foresta Amazzonica” 
  5. “Quando mangiamo il Prosciutto di Parma DOP, questo è prodotto da maiali alimentati con la soia che con ogni probabilità arriva dal Sud America. E quindi, non soltanto ha fatto migliaia di km per poter arrivare in Italia (con l’inquinamento che ne consegue), ma ha anche indirettamente portato ad una devastazione dell’ambiente che si ripercuote su tutto il pianeta”. 
  6. Credo che sia necessario, nel medio periodo, rivedere tutto il sistema alimentare. L’attuale modello di produzione e di consumo non è più sostenibile, soprattutto in seguito all’aumento del consumo di proteine animali in paesi largamente popolati, come la Cina. In Cina vivono 700 milioni di suini, uno ogni due abitanti. Si tratta della metà della popolazione complessiva mondiale di maiali”.
  7. “Nella Mesopotamia, allevamento e agricoltura consistevano in una forma di economia circolare in cui non si buttava nulla e il letame prodotto dagli animali era un prezioso fertilizzante per il terreno”.
  8. “L’alleanza tra grandi gruppi alimentari e fondi finanziari ha portato allo sviluppo di quelle che definisco aziende-locusta: gruppi interessati a produrre su larga scala al minor costo possibile, che stabiliscono con l’ambiente e con i mezzi di produzione – la terra, l’acqua, gli animali d’allevamento – un rapporto puramente estrattivo. Tali ditte hanno come unico orizzonte il profitto, nel più breve tempo possibile. E sfruttano le risorse in modo intensivo, fino al loro totale dissipamento; esaurite le capacità di un luogo, passano oltre, proprio come uno sciame di locuste”
  9. “Il mercato del cibo è gestito da pochi grandi gruppi. Pochi conoscono la Cargill, ditta che commercializza soia, cereali e molti prodotti alimentari di base da una parte all’altra del pianeta. Eppure Cargill ha un fatturato che è cinque volte quello di McDondald’s e quattro volte il PIL della Bolivia. Negli ultimi anni, questi gruppi sono cresciuti fagocitando grazie alle loro economie di scala i piccoli e medi attori della filiera. E ormai controllano il mercato alimentare, orientando i nostri gusti e definendo il sapore di quello che mangiamo”.
  10. “Penso che gli scioperi per il clima in tutta Europa, in tutto il mondo e finalmente anche in Italia, siano una delle cose più interessanti che stanno succedendo nell’ultimo periodo. Le nuove generazioni stanno dimostrando una sensibilità maggiore rispetto a chi prende le decisioni a proposito del cambiamento climatico, tra le cui cause c’è anche un certo modello di produzione alimentare “.
    (dall’intervista a Stefano Liberti di Antonella Caporale, The Bottom Up, 12-3-2019) (nella foto um pubblicità del nuovo documentario di Stefano Liberti ed Enrico Parenti, Soyalism)