Alla fine degli anni ’80 fu oggetto di diverse pubblicazioni scientifiche una particolare popolazione rurale della Georgia. Si trattava di oltre 160 soggetti di età media intorno ai 90 anni: i più giovani superavano gli 80 anni, i più vecchi passavano di molti il secolo. Il primo aspetto che colpì i ricercatori fu l’esclusione dalla dieta di maiale, carne e pesce in scatola, montone, grassi animali, salsicce, grassi animali, pasticceria; le uniche carni erano manzo e pollame, pochissimo burro e olio, poco zucchero. Ogni giorno venivano consumati oltre 30 cibi diversi, appartenenti a tutti i principali gruppi alimentari; questo assortimento di cibi metteva la popolazione al riparo dai rischi di carenze vitaminiche e di oligominerali tipiche della vecchiaia; la seconda caratteristica era il basso peso giornaliero della razione quotidiana (dagli 800 ai 1200  grammi); il basso consumo di carne e pesce (meno del 3%, appena due volte la settimana) era ottimamente compensato da cereali integrali (mais e grano) e legumi (i fagioli sono il piatto tradizionale); la prevalenza di calorie e proteine di origine vegetale (oltre il 60% delle calorie proviene dai carboidrati) sembra qui avere un’azione protettiva, anche per la presenza delle vitamine del gruppo B e della vitamina E, noto antiossidante, nel mais integrale e nei fagioli, ricchissimi tra l’altro di potassio, oligominerale che aumenta l’eliminazione del cloruro di sodio; le proteine animali erano rappresentate dal latte acido, dal nadugi (piatto nazionale ricavato dal siero del latte) e dai formaggi locali; sul versante vegetali da segnalare i consumo di oltre 15 verdure locali, aromi, spezie, erbe secche, fiori e semi; lo scarso zucchero consumato veniva compensato dal miele; ridotto l’uso dell’olio di semi di girasole, a favore dell’olio di noce, ricco di tocoferolo, antiossidante, e di acidi grassi poli-insaturi. Riassumendo, lo schema nutrizionale dei longevi georgiani è questo: grande consumo di prodotti proteici vegetali, pane di grano e fagioli soprattutto, buon consumo di latte acido, verdure e frutta; per contro, ridotta assunzione di grassi animali, di carni e di zucchero.

I Georgiani non sono, però, l’unico esempio di “buona” longevità: i Sardi dell’Ogliastra, alcuni gruppi di Cretesi ed i Giapponesi dell’isola di Okinawa, ma ancora più curiosamente gli avventisti del settimo giorno di Loma Linda in California, presentano record di anziani in forma (nella foto le “blue zones”, i luoghi del mondo dove vivono le popolazioni con la massima longevità) .

Che cosa hanno tutti in comune? Sicuramente, un buon patrimonio genetico, ma anche alcune buone abitudini. Tutti i gruppi studiati condividono questi elementi: praticamente assente il fumo e molto ridotto il consumo di alcol, elevato invece il consumo difrutta, verdura e cereali integrali, numerose le attività, fisiche e sociali. Soprattutto questo ultimo elemento sembra significativo: gli anziani in queste popolazioni sono in genere assistiti in famiglia, quasi nessuno finisce nelle case di riposo e questo probabilmente permette loro di tollerare meglio lo stress e di accettare con serenità la loro condizione. (2007)