La lotta tra i sessi è un tema che riguarda tutto il mondo animale, o almeno quella parte di mondo animale che ha affidato alla sessualità la riproduzione della specie. Con molta ironia, quasi venti anni fa, il compianto paleontologo statunitense Stephen Jay Gould si pose in modo provocatorio la domanda: “ma a che servono i maschi?” I maschi, è vero, sono più grandi in una maggioranza di specie dei Mammiferi – sostenne –  ma c’è un numero sorprendente di specie in cui sono più grandi le femmine. Inoltre, poiché le balenottere azzurre (Balaenoptera musculus) sono gli animali più grandi che siano mai esistiti, e poiché nelle balene a fanoni le femmine sono più grosse dei maschi, l’individuo più grande che sia mai esistito è senza dubbio una femmina. Le femmine, in quanto producono uova, sono di solito più attive dei maschi nelle cure parentali; anche in specie che non forniscono alcuna cura parentale, le uova devono essere fornite di nutrimento, mentre lo sperma è poco più che DNA nudo; ma allora possiamo chiederci: perché esistono in generale i maschi? E, soprattutto, che bisogno c’è che siano grandi quanto le femmine? La risposta è che la sessualità genera una quantità enorme di variabilità, mescolando in ogni figlio il materiale genetico dei due genitore, ma se la funzione biologica dei maschi non va oltre il contributo di un po’ di DNA, perché mai nella maggior parte dei casi dovrebbero essere grandi quanto le femmine? In molti gruppi i maschi lottano (letteralmente) per l’accesso alle femmine, e gli individui più grossi hanno spesso un vantaggio: ecco una valida spiegazione alla taglia maschile pari o superiore a quella femminile; inoltre, negli animali sociali può essere utile avere più di un genitore che si impegni nell’allevamento della prole: i maschi acquistano così un ruolo biologico che trascende il puro servizio di fecondatori. Le cure parentali materne e paterne sono molto influenzate dal tipo di sessualità praticata. Molti pesci, ad esempio, non hanno rapporti sessuali diretti, ma semplicemente emettono le cellule sessuali nell’acqua; è qui, non all’interno del corpo di uno dei due partner, che avviene la fertilizzazione e questo è il modo in cui probabilmente è cominciata la riproduzione sessuale. Sulla terra ciò non sarebbe possibile per il rischio di disidratazione delle cellule sessuali: pertanto i gameti di un sesso – gli spermatozoi che sono mobili – devono essere introdotti nell’interno umido di un individuo del sesso opposto. Dopo la copulazione, la femmina terrestre resta con l’embrione all’interno del suo corpo; anche se depone l’uovo fertilizzato quasi immediatamente, il maschio avrà ancora il tempo di andarsene, forzando così la femmina in una “situazione senza uscite”: o lasciare il piccolo a morte certa o restare con lui e crescerlo. Ecco perché – secondo il biologo inglese Richard Dawkinsle cure materne sono più comuni tra gli animali terrestri di quelle paterne. Nel mare con la fertilizzazione esterna, succede esattamente il contrario: sono le femmine che depongono in anticipo le uova, avendo così secondi preziosi per scomparire; i maschi hanno il problema che gli spermatozoi sono più leggeri e si spargono più rapidamente delle uova: devono, pertanto, aspettare che prima deponga le uova la femmina. Si spiega così perché le cure paterne sono comuni nell’acqua ma rare sulla terraferma.