Slow Food, tutto è collegato
Ventidue fa – nel 1986 – nasceva, in Piemonte, a Bra, Slow Food. Il nome in realtà era Arci Gola, ossia un’emanazione dell’ARCI, l’ associazione culturale e ricreativa della sinistra fondata a Firenze nel 1957. Il 1986 era stato l’anno dello scandalo dei vini sofisticati al metanolo e dell’apertura nel nostro Paese dei primi locali fast-food. Per me è stato soprattutto l’anno del matrimonio con mia moglie e della partenza per il Benin in Africa per un progetto di cooperazione internazionale sull’alimentazione. La nascita di Slow Food rappresentò allora una rottura culturale clamorosa: per la prima volta un settore dell’associazionismo progressista si accostava a temi ritenuti marginali come l’enogastronomia, il turismo rurale ed enogastronomico, affermando il “diritto al piacere” e il diritto a un cibo “buono, pulito e giusto”. “Questo secolo è nato, sul fondamento di una falsa interpretazione della civiltà industriale, sotto il segno del dinamismo e dell’accelerazione: mimeticamente, l’uomo inventa la macchina che deve sollevarlo dalla fatica ma, al tempo stesso, adotta ed eleva la macchina a modello ideale e comportamentale di vita. Ne è derivata una sorta di autofagia, che ha ridotto l’homo sapiens ad una specie in via di estinzione, in una mostruosa ingestione e digestione di sé”. Con queste frasi di Folco Portinari, al limite della provocazione, iniziava il manifesto dello Slow-food, pubblicato il 3 novembre 1987 sulla prima pagina del Gambero Rosso, l’inserto di 8 pagine all’interno de il manifesto, che ancora conservo con cura. Sotto la testata Gambero Rosso (l’osteria inventata da Collodi) si leggeva: “Slow-food una proposta rivolta a tutti coloro che vogliono vivere meglio”. Gli altri articoli si occupavano del colesterolo LDL e delle mensa del carcere di Rebibbia, dei tartufi e della Guida ai vini d’Italia. I rapporti tra cibo e salute, cibo e società e l’attenzione all’eno-gastronomia furono i cavalli di battaglia del movimento di Carlo Petrini. Oggi sono temi la cui rilevanza nessuno si sognerebbe di negare, ma allora questo manifesto fu accolto con molto scetticismo, nonostante il martedì l’inserto Gambero Rosso facesse raddoppiare la tiratura del “quotidiano comunista” il manifesto. Dopo i primi tre anni di vita, nel 1989 Slow Food a Parigi diventò un’associazione internazionale con l’intento di difendere il cibo “buono, pulito e giusto” dal diffondersi del fast-food e dal cibo-spazzatura. L’anno successivo vi fu l’esordio della casa editrice omonima. I Presidi di Slow Food nasceranno 10 anni dopo, nel 1999, come evoluzione dell’Arca del Gusto. Con certificazioni assegnate da un comitato scientifico Slow Food si propose di recuperare e valorizzare le piccole produzioni gastronomiche minacciate dall’agricoltura industriale, dal degrado ambientale e dall’omologazione, attraverso criteri di definizione simili a “Indicazione geografica protetta” (IGP) e “Denominazione di origine protetta” (DOP). Nel 2004 – con l’importante collaborazione dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari – nasce a Pollenzo, frazione di Bra, in provincia di Cuneo, l’Università di Scienze Gastronomiche, polo internazionale di formazione e ricerca nell’ambito dell’agricoltura sostenibile, dello studio e mantenimento delle diversità bio-culturali; obiettivo dell’ateneo trasmettere agli studenti un visione capace di metter insieme le scienze e le tecnologie alimentari con le scienze sociali, umane, biologiche e agrarie. Nel 2004 parte anche l’altra grande iniziativa di Slow Food: la prima edizione di Terra Madre, meeting internazionale delle comunità del cibo, che porterà a Torino oltre 5.000 persone da 150 Paesi. Slow Food in questi primi 30 anni è stato questo e molte altre iniziative locali, ma è stato soprattutto un pensiero innovativo sul cibo e l’agricoltura, sull’ambiente e la società, capace di attraversare tre decenni e diventare un punto di riferimento internazionale per il movimento ecologista. Tra poche settimane si terrà a Torino la terza edizione di Terra Madre, realizzata da Slow Food, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, la Cooperazione Italiana allo Sviluppo, la Regione Piemonte, la Città di Torino e la Coldiretti Piemonte. La manifestazione ospiterà 1678 comunità del cibo provenienti da 153 nazioni. Oltre 3600 contadini, allevatori, pescatori e produttori artigianali dell’agroalimentare, insieme a 800 cuochi, 250 docenti universitari e rappresentanti di istituti di ricerca, 900 studenti, 200 musicisti, 700 osservatori, tecnici e istituzioni appresenteranno l’avanguardia mondiale del cibo buono, pulito e giusto. Perché – come ha detto Petrini – “tutto è collegato, agricoltura e salute, cibo e cultura, ricchezza dei pochi e fame dei molti”. (6-2008)
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