Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il fumo di tabacco rappresenta la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile. L’OMS calcola che quasi 6 milioni di persone perdono la vita ogni anno per i danni da tabagismo, un decimo delle quali (600.000) sono non fumatori esposti al fumo passivo. Il fumo uccide una persona ogni sei secondi ed è a tutti gli effetti un’epidemia fra le peggiori mai affrontate a livello globale (nella foto un manifesto che ricorda i 100 milioni di morti da fumo del XX secolo, destianti a decuplicarsi). Per il fumo – come per tutte le altre dipendenze – prevenire è meglio che curare. Però, come? I buoni esempi non mancano, dal Piemonte alla California.

Dal alcuni anni la regione Piemonte ha adottato un Piano Regionale Anti Tabacco. Fabrizio Faggiano, dell’Osservatorio Epidemiologico delle Dipendenze, ha descritto la situazione del tabagismo in Piemonte. Nel 2004 il 25% dei piemontesi fumava, 1 su 4, con due conseguenze; la prima: oltre il 12% della mortalità nella regione era da attribuire al tabacco; la seconda: i fumatori perdevano mediamente 10 anni di vita rispetto a chi non fumava (Doll 2004). Con l’entrata in vigore del piano anti fumo, in Piemonte si intendono raggiungere alcuni obiettivi strategici: 1) diminuire il numero di chi inizia a fumare (del 10 % in 5 anni); 2) ridurre la percentuale dei fumatori adulti (del 10 % in 5 anni); 3) stabilizzare la tendenza di aumento delle differenze sociali; 4) aumentare gli spazi sociali e lavorativi senza fumo; 5) sensibilizzare i genitori per limitare l’esposizione in età infantile; 6) creare una cultura per una regione senza fumo. Sono stati attivati diversi interventi per prevenire l’inizio dell’abitudine al fumo tra i giovani (nella scuola); interventi comunitari per favorire la disassuefazione al fumo di tabacco (campagne informative); interventi clinici per identificare e trattare la dipendenza da tabacco, con i medici di medicina generale e con i centri anti-fumo; interventi comunitari per ridurre l’esposizione al fumo passivo. Tutto questo alla luce del fatto che il fumo è ormai considerato una vera e propria dipendenza patologica ed una malattia cronico-recidivante, cioè una patologia che presenta un progressivo peggioramento e la possibilità di ricadute. In compenso, dopo un periodo variabile da 2 a 15 anni di astensione dal fumo, si può tornare ad una situazione di rischio paragonabile ai non fumatori; ben venga il modello piemontese e che diventi il modello italiano.

L’altro buon esempio viene dalla California. Nell’importante stato degli USA – la cui economia è al quinto posto nel mondo –  chi si trova in auto con a bordo un minorenne non può più fumare. Si è scelto, infatti, di promulgare una legge in un ambito – la protezione dal fumo dei minori – per il quale dovrebbe bastare il buon senso. La legge Smoke-free cars with minors si applica a tutte le vetture, in sosta o in movimento, e nasce dalla consapevolezza che il fumo passivo in un ambiente chiuso come quello di un abitacolo decuplica i rischi per la salute. Estendere il divieto di fumare anche sulle automobili è una proposta attualmente al vaglio in molti Paesi europei, Gran Bretagna su tutti. Nell’aprile dello scorso anno l‘India aveva anticipato tutti con una legge ad hoc, per la quale chi viene sorpreso al volante con la sigaretta accesa deve pagare una multa; si è trattato allora di una legge unica al mondo, ma che è servita da modello per molti altri stati che intendono limitare il problema del tabagismo e degli incidenti stradali. (2-2008)