Qualche giorno fa è morto nella sua Bologna Claudio Lolli. Per me – e per molti della mia generazione – Lolli è stato il più amato tra i poeti-cantautori, per la qualità dei suoi dischi, per la grande coerenza artistica e morale e anche per il successo commerciale mai arrivato. In 45 anni di carriera Lolli ci ha lasciato una produzione musicale di altissimo livello con almeno 4 capolavori a cavallo degli anni 70 e 80 e, soprattutto, nessun disco inutile. Lolli era nato nel 1950 e aveva fatto le prime esperienze musicali all’Osteria delle Dame di Bologna, conoscendo Francesco Guccini e il fratello Piero. I primi 4 dischi erano stati pubblicati per la EMI, cui aveva dedicato l’autoironica Autobiografia industriale. Aspettando Godot era stato l’esordio del 1972: un disco di buon livello con alcuni brani ripresi negli anni successivi, forse un po’carente a livello di arrangiamenti. L’anno dopo era uscito Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita, con la partecipazione di Andrea Carpi, Piero Guccini e Stefan Grossman alle chitarre. Il primo lavoro notevole, era arrivato nel 1975: Canzoni di rabbia, con gli ottimi arrangiamenti di Ettore De Carolis a impreziosire brani come Prima comunione, Compagni a venire, Al milite ignoto e Dalle capre. Il capolavoro sarebbe arrivato l’anno successivo; siamo nel 1976, quando viene pubblicato Ho visto anche degli zingari felici, citazione di un film jugoslavo degli anni ‘60; dalla collaborazione con il Collettivo Autonomo Musicisti di Bologna – con Roberto Soldati alle chitarre e Danilo Tomasetta al sax e al flauto – nasce una suite ricca di atmosfere progressive e jazz che dalla magnifica introduzione strumentale si snoda per Zingari felici, Agosto (drammatica testimonianza della strage del treno Italicus ), Piazza bella piazza e Primo maggio di festa (sulla guerra in Vietnam); la seconda facciata si apre con La morte di una mosca, la splendida Anna di Francia, Albana per Togliatti e Zingari finale; un disco stupendo, manifesto di una generazione, trasmesso da tutte le radio libere. Disoccupate le strade dai sogni è il secondo capolavoro, con forti riferimenti ai fatti di Bologna, agli scontri tra il Movimento del ’77 e la polizia, culminati con la tragica morte di Francesco Lorusso; il livello artistico rimane altissimo con musiche dure e sonorità – a volte – dissonanti;  le canzoni del lato A sono legate l’una all’altra in un racconto senza interruzioni: Alba meccanica, Incubo numero zero, Socialdemocrazia, Attenzione, Canzone della precarietà; nel lato B ci sono Canzone scritta su un muro, Autobiografia industriale, Da zero a dintorni e I giornali di Marzo (fatta con frasi di articoli del Resto del Carlino e La Repubblica). Nel 1980 era uscito Extranei, arrangiato da Bruno Mariani e Danilo Tomasetta, con atmosfere meno cupe del disco precedente e canzoni ispiratissime: Come un dio americano, Double face, Der blaue engel, Canzone del principe rospo e Non aprire mai. Antipatici antipodi – nel 1983– aveva chiuso la prima parte della sua carriera; con la copertina disegnata da Andrea Pazienza, Lolli ci aveva regalato Notte americana, L’uomo a fumetti, Villeneuve, Formula uno di Roberto Roversi. Dopo 5 anni, nel 1988, era stata la volta di Claudio Lolli con Adriatico e Aspirine e La fine del cinema muto; l’anno prima Francesco Guccini aveva cantato la magnifica canzone di Lolli Keaton in Signora Bovary. Un’altra lunga pausa e poi era arrivato Intermittenze del cuore (1997) con la commovente Il re dei piccioni, dedicata al figlio; nel 1998 gli era stato assegnato uno strameritato Premio Piero Ciampi alla carriera. Nel 2000 un gruppo di appassionati musicofili aveva creato un ottimo sito dedicato alla musica d’autore italiana e straniera e lo aveva chiamato Brigate Lolli (www.briogatelolli.it), mentre Lolli aveva pubblicato Dalla parte del torto. Due anni dopo Salvo Manzone aveva realizzato un bel documentario dedicato a Lolli (“Salvarsi la vita con la musica” con brani di concerti e interviste). Agli inizi del 2000 Lolli aveva girato l’Italia proponendo una rivisitazione del suo album Ho visto anche degli zingari felici assieme a Il Parto delle Nuvole Pesanti; nel 2006 aveva pubblicato il suo penultimo lavoro, La scoperta dell’America, con il sassofonista Nicola Alesini; il 1º maggio 2010 aveva suonato al Concerto del Primo Maggio; nel settembre 2011 si era esibito ad Ostia, con poche decine di spettatori, tra cui io e mia moglie Luciana. Nel 2017 era uscito Il grande freddo, prodotto dall’amico sassofonista Danilo Tomasetta; nonostante facesse musica da ormai 45 anni, il lavoro era potuto uscire solo grazie a una raccolta di fondi lanciata via web. Il gioco, però, era valsa la candela: il disco aveva vinto la Targa Tenco come Miglior disco dell’anno. L’ultimo riconoscimento a un grande artista, dalla voce magica e inconfondibile.

Mi sono fatto un’idea della mia carriera come minoritaria. Suono in posti piccoli per poca gente, un po’ per necessità e un po’ per scelta. Ho fatto due dischi negli ultimi tre anni, faccio una quarantina di concerti all’anno. Non sento l’obbligo di essere il cantante per tutti e lo dico veramente senza snobismo. Però vedo che c’è gente che mi ascolta, che mi viene a sentire, che mi chiama. Esisto come produttore di musica, di parole, di senso. E per me va bene così“. (9-2018) (nella foto un’immagine del concerto di Lolli a Ostia nel 2011)