La sessualità per la psicoanalisi è stata fina dall’inizio un argomento-chiave, in quanto sintomo del disagio della civiltà. I Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) sono considerati il lavoro più importante di Sigmund Freud dopo “L’interpretazione dei sogni”, In quest’opera il grande psicologo scrive a proposito della sessualità umana: “Il fatto che esistono dei bisogni sessuali negli esseri umani e negli animali è spiegato in biologia con l’assunzione di un “istinto sessuale”, per analogia con l’istinto di nutrizione…. L’opinione comune ha delle idee ben definite sulla natura e sui caratteri di questo istinto sessuale…… Si è generalmente convenuto che sia assente nell’infanzia, che si formi al momento della pubertà…che il suo scopo sarebbe l’unione sessuale……Noi abbiamo ragione di credere, tuttavia, che questo modo di vedere le cose dà una rappresentazione molto lontana dal vero di quella che sia la reale situazione…  Nel corso della nostra indagine abbiamo cominciato con l’esagerare la distinzione tra la vita sessuale infantile e quella matura, ora possiamo vedere che non solo le deviazioni dalla vita sessuale normale ma anche la forma normale stessa è determinata dalle manifestazioni infantili della sessualità.”.  Secondo Freud esisterebbero diverse fasi di fasi dello sviluppo psico-sessuale, ciascuna caratterizzata dalla centralità di una parte del corpo nella ricerca del piacere; per Freud nella fase fallica del primo anno di vita si svilupperebbe l’invidia del pene da parte delle bambine; nella successiva fase di latenza – da 7 a 11 anni – il bisogno sessuale passerebbe in secondo piano e l’investimento principale dell’energia psichica si sposterebbe sulla scuola e sullo sport; la fase genitale dall’adolescenza è l’ultima fase dello sviluppo: i giovani ricercano il piacere con rapporti eterosessuali e l’appartato genitale diviene il centro delle sensazioni piacevoli.

Per l’altro grande della psicoanalisi, Car Gustav Jung, la sessualità infantile è ancora rilevante, ma fenomeni come il poppare vengono ricondotti alla funzione biologica-nutritiva. Le tre fasi del ciclo vitale di Jung sono abbastanza diverse dal modello di Freud; Jung chiama la prima fase della vita (i primi anni) stadio pre-sessuale, essendo presenti esclusivamente fenomeni legati alla nutrizione e alla crescita; lo sviluppo della sessualità avviene per Jung nella seconda fase, prepubertà, seguita dallo stadio della maturità. Le teorie di Freud e Jung divergono molto anche sul concetto di libido (dal latino, desiderio). Per Freud la libido è l’aspetto psichico dell’istinto (pulsione) sessuale; per Jung, invece, la libido è un concetto più ampio costituito da diverse energie presenti sia nel bambino – dove provvede a funzioni non sessuali – sia nell’adulto.

Erick Fromm fu seguace e critico di Freud. Disse che l’errore di Freud consisteva nel veder nell’amore solo l’espressione dell’istinto sessuale; al contrario, per Fromm, il desiderio sessuale era una manifestazione del bisogno d’amore e di fusione. Freud avrebbe ignorato l’aspetto psicobiologico della sessualità facilitato in ciò dal suo patriarcalismo, che lo avrebbe spinto a considerare il sesso come una caratteristica tipicamente maschile, ignorando che esiste la sessualità femminile e che le donne non sono “uomini evirati”. Nel successivo sviluppo della psicoanalisi bisognava trasportare le intuizioni di Freud dalla dimensione psicologica a quella biologica ed esistenziale. Per Fromm ciò che caratterizza l’uomo è il fatto di essere emerso dal regno animale, dove l’equivalente dell’amore non è che puro istinto. L’uomo, dunque, sarebbe cosciente di sé stesso come entità separata, del fatto che “è nato senza volerlo e che morirà allo stesso modo, così come morirà prima o dopo di quelli che lui ama” (L’arte di amare,, 1956); il senso di solitudine e di impotenza di fronte alle forze della natura e della società gli renderebbero insopportabile l’esistenza; questa solitudine cosmica sarebbe per Fromm l’origine di ogni ansia; l’amore, pertanto, appare a Fromm come il bisogno umano di superare l’isolamento e la solitudine. (4-2004) (nella foto H. D. Hamilton Antonio Canova nel suo studio)