Sessualità o clonazione?
Sessualità e clonazione sono le due modalità con le quali gli organismi viventi si riproducono. Un indiscutibile vantaggio adattativo della sessualità animale è la limitazione dell’aggressività tra individui della stessa specie (aggressività intraspecifica). In realtà, oltre a questo aspetto, esistono indiscutibili vantaggi evolutivi legati alla sessualità. Nei primi tre miliardi di vita organica la Terra è stata popolata da semplici organismi unicellulari che si moltiplicavano per clonazione. Un miliardo di anni fa iniziò la riproduzione sessuata, con i primi due esseri viventi che si avvicinarono al punto di fondersi. La sessualità accelerò enormemente il processo evolutivo: l’incrocio dei geni di animali di sesso femminile e maschile fu la premessa per la comparsa di tutta la varietà che contraddistingue il mondo vivente. Attualmente, la stragrande maggioranza degli organismi più elevati si riproduce per mezzo del sesso. In realtà possiamo dire che la sessualità è così importante per il successo evolutivo che buona parte del comportamento animale è, seppure indirettamente, collegato con essa. La riproduzione sessuata, infatti, produce una maggiore dose di variabilità rispetto a quella agamica; con essa il patrimonio genetico di una specie viene continuamente rimescolato in nuovi genotipi ed ogni nuovo individuo rappresenta qualcosa di diverso rispetto ai genitori; la modalità non sessuale, al contrario, è un semplice meccanismo di replica che lascia alle sole mutazioni il compito di produrre variabilità. La miglior evidenza del vantaggio evolutivo della sessualità è la sua distribuzione quasi universale in tutte le forme viventi.
In realtà il sesso non sarebbe strettamente necessario per la riproduzione. Da sempre, ad esempio, le pulci d’acqua si moltiplicano senza alcun maschio. Addirittura vi è un’intera classe del regno animale, la Bdelloidea (dell’ordine dei “rotiferi”, piccolissimi metazoi acquatici di circa 0,5 mm), che da quando esiste, pare oltre trenta milioni di anni, non ha mai generato un maschio. Del resto la clonazione è un sistema di riproduzione assai efficace, poiché quando in una specie vi sono solo femmine, tutti – non solo la metà femminile della popolazione – avranno dei figli. Inoltre, i cloni riproducendo sempre se stessi sono praticamente immortali, come testimoniano alcune specie vegetali viventi da oltre 10.000 anni. Ma allora, se gli individui di sesso maschile non sono necessari, perché si è affermata la divsione in sessi distinti? Fondamentalmente per due motivi, legati entrambi al principio della mescolanza genetica. In primo luogo, diversamente dai cloni, con la sessualità è possibile correggere eventuali difetti genetici. Se si ha una mutazione dannosa in un clone, questi non può che trasmetterla ininterrottamente da genitore a figlio, con la sola (scarsamente realistica) speranza che un’altra mutazione riporti la situazione al punto iniziale. Gli organismi sessuati, invece, combinando i loro patrimoni genetici, potrebbero permettere al gene danneggiato di essere sostituito dal corrispondente sano dell’altro: il sesso, dunque, può ostacolare le mutazioni genetiche negative. L’altro argomento a favore del sesso riguarda la variabilità immunitaria che esso conferisce alla popolazione. Mentre tra i cloni asessuati virus e batteri hanno vita facile, poiché basta scardinare la difesa immunitaria di un singolo organismo per avere ragione anche di tutti gli altri cloni identici, nel caso degli esseri sessuati lo scambio genetico è anche scambio di immunità, di biotecnologie difensive, che permettono sempre – o quasi – ad almeno un paio di individui di sopravvivere, perché il loro sistema immunitario è superiore agli aggressori. Con una certa dose d’ironia, il tedesco M. Mirsch ha scritto che potremmo definire i maschi un intelligente “prodotto di prevenzione sanitaria femminile”, al quale non conviene rinunciare. (2010)
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