Storia dell’igiene. Dal Medioevo al ‘700
Nel Medioevo, il senso dell’igiene personale e l’usanza di fare il bagno mantennero una buona diffusione, grazie all’eredità culturale romana: bagni pubblici o sale termali permettevano agli uomini di incontrarsi e rilassarsi in una ambiente piacevole. Anche il ritorno dall’Oriente dei Crociati stimolò l’utilizzo delle
ad imitazione dei tanti stabilimenti presenti in Turchia. Al Medioevo dobbiamo, inoltre, l’invenzione del sapone e della sala da bagno. Per l’igiene personale il bagno era molto importante, dato lo scarso ricambio della biancheria personale, tolta solo di notte per entrare nudi nel letto. L’imperatore Carlo Magno amava molto i bagni e vi invitava nobili e amici; poteva capitare che un centinaio di uomini facessero il bagno con il re. Alla fine del ‘200 Parigi – con una popolazione di appena 70.000 abitanti – aveva 26 terme pubbliche, in genere con un medico-barbiere che si occupava delle norme igieniche all’interno dello stabilimento. Non contribuì alla diffusione dell’igiene l’atteggiamento della Chiesa cristiana, l’unica grande religione a non avere prescrizioni igieniche-rituali vincolanti (diversamente da induismo, ebraismo e islamismo); il Cristianesimo – forse anche per contrapporsi al mondo romano – spesso attribuì valore spirituale alla sporcizia: essere in “odore di santità” poteva significare rinunciare all’igiene e alla cura del corpo per dedicarsi unicamente alla cura dell’anima; Sant’Agnese (291-304 d.C.), portata come esempio di virtù cristiana, non avrebbe mai fatto un bagno in vita sua. Per San Girolamo (347-420 d.C.) “Chi è battezzato in Cristo non ha bisogno di fare altro bagno”.
Un duro colpo all’igiene pubblica fu inferto dalla terribile epidemia di peste di metà ‘300, conosciuta come Peste Nera, che ha causato la morte di quasi un terzo della popolazione europea e contagiando nel giro di 5 anni tutti i paesi dal Mediterraneo, la Scandinavia e la Russia. Oggi sappiamo che si tratta di una malattia che ha origine in un batterio (Yersinia pestis), presente nelle pulci dei roditori. In quegli anni di scarse conoscenze biologiche si fece strada la convinzione che la peste potesse entrare più facilmente attraverso i pori dilatati dal calore: i luoghi affollati e caldi come le terme pubbliche furono, pertanto, considerati pericolosi per la diffusione dell’epidemia. Nel 1348 i professori della Facoltà di Medicina dell’Università di Parigi indicarono nei bagni caldi una delle cause delle ricorrenti epidemie di peste.
Nel corso del ‘400 finì gradualmente la plurisecolare funzione igienica e sociale dei luoghi termali; le terme diventarono sinonimo di bordello, con bagni e saune accessori alla prestazione sessuale. Il paradosso fu che la chiusura delle terme pubbliche favorì la diffusione delle malattie infettive – peste, vaiolo, colera e infezioni intestinali – favorite dall’assenza di igiene urbana, dall’assenza di fognature e dalla presenza costante di liquami e rifiuti nelle strade e nelle case. Dopo la peste, un’altra grande malattia infettiva si abbatté sull’Europa, la sifilide. Morbo di origine batterica (Treponema pallidum), fu importato dai marinai di Cristoforo Colombo di ritorno dalle Indie Occidentali e fu diffuso, alla fine del ‘400, dagli eserciti spagnoli e francesi; la sifilide in pochi decenni fece circa 20 milioni di vittime in tutta Europa aumentando la paura del contagio in luoghi pubblici. La diffusione di malattie, come peste e sifilide, che si propagavano senza che nessuno sapesse spiegarne il motivo, diedero sempre più corpo alla teoria che fosse l’acqua – penetrando nel corpo attraverso i pori – a trasmettere le malattie; si pensava che uno strato di sporcizia fosse una protezione dalla malattie. Nell’igiene personale dell’epoca, pertanto, era previsto solo un panno pulito per strofinare le parti visibili del corpo. Si riteneva molto importante l’abbigliamento: chi se lo poteva permettere, utilizzava tessuti di raso e di seta per far scivolar via l’aria malsana, considerata portatrice di malattie. Nelle precarie condizioni igieniche del ‘600 e del ‘700 i profumi diventarono necessari: uomini e donne ne usavano grandi quantità per coprire i cattivi odori e per disinfettarsi. Dai resoconti dei medici di corte sembra che il Re Sole, Luigi XIV, dal 1647 al 1715, abbia fatto un solo bagno e la sua igiene sia consistita nel pulirsi il viso ogni due giorni con batuffoli intrisi di alcool etilico. Alla reggia di Versailles era normale liberare l’intestino nei saloni e nelle scale dei palazzi: Luigi XIV fu costretto a emanare un’ordinanza per la rimozione settimanale delle feci lasciate nei corridoi della reggia (nella foto una miniatura anonima del ‘400) (segue)
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