Doping, record e politica
La rivista Sport Illustrated ha recentemente pubblicato uno studio effettuato in Francia dall‘Istituto bio-medico e epidemiologico dello Sport coordinato da Jean-Francois Toussaint. La ricerca ha preso in considerazione oltre 3.000 record mondiali realizzati a partire dal 1896, l’anno delle Olimpiadi di Atene, le prime dell’era moderna. Alla fine del secolo scorso gli atleti sfruttavano il 75% della propria capacità psicologica, un secolo dopo sono arrivati al 99%: tra 50 anni, nel 2060, probabilmente non ci saranno più frontiere psicologiche da abbattere e questo metterà un limite invalicabile al miglioramento dei record sportivi. In realtà, per almeno la metà delle discipline questo limite verrà raggiunto molto prima, tra 10-15 anni. Tra gli sport che non vedranno più record c’è l’atletica leggera, la regina degli sport. Lo studio ha rilevato un grande aumento dei record nelle specialità dell’atletica leggera dopo la Seconda guerra mondiale, fino alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, con i sensazionali primati in altura di Bob Beamon nel lungo, Viktor Sanayev nel triplo, Lee Evans nei 400 metri, Jim Hines nei 100 metri e Tommy Smith nei 200 metri; a partire da allora c’è stato un progressivo declino. Intorno al 2060, secondo l’analisi francese, nessun atleta sarà più in grado di migliorare primati su piste e pedane. Lo studio, a quanto pare, non è condizionato dalla variabile doping. Che ha rappresentato un fattore rilevante negli anni ‘70, quando però l’uomo stava cominciando a raggiungere i propri limiti. John Hoberman, docente all‘Università del Texas ha commentato la ricerca francese allargando il discorso all’uso del doping: “Il doping ha aiutato gli atleti a sfruttare le loro capacità psicologiche, il 10”49 del 1988 di Florence Griffith va messo in discussione come punto di riferimento – ha detto – e 3 dei 5 uomini capaci di correre sotto i 9”80 – Ben Johnson, Tim Montgomery e Justin Gatlin – sono risultati positivi per steroidi anabolizzanti.”
Il doping è sempre stato presente, anche nell’antichità. Nella società industriale lo sport ha assunto la stessa importanza del periodo dell’antica Grecia e gli sportivi – soprattutto gli atleti olimpici – sono stati utilizzati per dimostrare al mondo la validità del sistema politico di cui erano espressione, fosse quello “socialista” o quello “capitalista”; il doping non conosceva confini, ma nel campo socialista era doping di stato, promosso e incentivato dagli alti vertici del regime e gli atleti di alto livello di quei Paesi avevano enormi privilegi rispetto al tenore medio di vita della popolazione. La Germania dell’Est- DDR come allora si diceva – è stato probabilmente il Paese in cui la scienza del doping e dei primati costruiti in laboratorio ha avuto la massima espressione. Il Comitato olimpico tedesco ha recentemente riconosciuto un indennizzo a oltre 150 ex atleti tedesco-orientali imbottiti di ormoni, Epo e altre sostanze; oltre al dominio incontrastato nello sport femminile, il doping di stato ha portato a queste persone danni al fegato, tumori, aborti spontanei, bambini nati con malformazioni e patologie congenite. L’uso di sostanze stimolanti era sicuramente già presente prima delle Olimpiadi del 1952 di Helsinki, ma la diffusione degli anabolizzanti nel 1954 ha segnato una svolta nella storiadel doping, tanto che dal 1968 in Messico furono introdotti i primi controlli anti-doping. Il resto è storia recente, lo scandalo del laboratorio californiano Balco, la nuova frontiera del doping genetico.
Il fenomeno doping, però, resta diffusissimo; nonostante le continue squalifiche di medaglie d’oro olimpiche come il velocista canadese Ben Johnson, nonostante la condanna al carcere della statunitense Marion Jones, per la maggior parte degli atleti il doping “paga”; lo statunitense Randy Barnes, ripetutamente squalificato per doping (l’ultima volta a vita) è tuttora primatista del mondo del lancio del peso né ha restituito la medaglia d’oro vinta ad Atlanta nel 1996. Un articolo di qualche anno fa della rivista medica inglese Lancet riteneva che almeno l’80% degli atleti avesse fatto ricorso al doping almeno una volta. Il discorso doping-ricerca del record non può naturalmente limitarsi solo alle responsabilità degli atleti: medici, allenatori e dirigenti giocano la loro parte, come dice Sandro Donati, ex allenatore della nazionale di atletica leggera dal 1977 al 1987 e uno dei massimi esperti mondiali del doping: “I record dell’atletica, del nuoto, o del sollevamento pesi sono disumani da un pezzo. Nel doping sportivo gran parte dei medici ha agito per un lucido tornaconto personale, mentre allenatori e dirigenti di società che in altissima percentuale sapevano bene tipo e pericolosità delle sostanze somministrate agli atleti, hanno finito per raggiungere posizioni di vertice in federazioni nazionali e internazionali. È così che gli organismi istituzionali hanno accettato questo patto scellerato”. (nella foto: alcuni degli atleti di vari sport e varie nazionalità trovati positivi ai controlli antidoping) (1-2008)
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