Nascere sottopeso non è solo un problema medico. Nei gruppi a basso reddito in cui si nasce mediamente sottopeso, questo comporterà nella popolazione adulta una statura inferiore e peggiori condizioni di salute. Attraverso meccanismi epigenetici, inoltre, gli adattamenti ad una insufficiente alimentazione materna e alle precarie condizioni socio-economiche della prima infanzia si trasmettono nelle generazioni successive e ampliano il problema. Essere bassi in tutta la storia umana è sempre stato un chiaro segno di appartenenza a  classi sociali svantaggiate: nella seconda metà dell’800 in Gran Bretagna un sedicenne ricco era mediamente 22 centimetri più alto di un suo coetaneo povero (J. Wells, 2018). Gli studi sulla geografia delle altezze, come quello dell’Imperial College di Londra, pubblicato sulla rivista eLife, offrono quindi un importante indicatore della condizione di benessere dei gruppi sociali e delle nazioni del mondo. Se si guarda alle macroregioni del pianeta, colpisce l’arresto dell’altezza della popolazione nel continente americano, legata all’aumento della disuguaglianza di accesso al cibo di qualità; in Estremo Oriente, invece, la situazione è capovolta, con un forte aumento della statura negli ultimi 100 anni (le ragazze sudcoreane hanno guadagnato 20 centimetri e sono diventate molto forti nella pallavolo). Per l’Africa la situazione non è uniforme; preoccupa il fatto che negli ultimi 40 anni in Paesi come l’Uganda e il Niger si registri addirittura una decrescita nell’altezza, riflesso di una condizione socio-economica e nutrizionale in via di peggioramento.

Il raffronto tra i due colossi asiatici, India e Cina, spiega ben l’importanza delle politiche sociali nel determinare la stato di salute generale di una popolazione. Nel 1914 altezza media in Cina era sotto i 160 centimetri, circa 2.5 centimetri in meno dell’India (162 cm). In un secolo la Cina ha guadagnato 14 centimetri arrivando quasi ai livelli degli europei (174 cm), mentre la popolazione indiana è rimasta sostanzialmente ai livelli di un secolo fa – al di sotto dei 165 centimetri – con pesanti ripercussioni sanitarie. Una conseguenza di questo enorme scarto la si vede anche nelle competizioni sportive, con la Cina diventata leader mondiale dello sport olimpico, insieme agli Stati Uniti, e l’India praticamente assente dal medagliere olimpico nonostante sia lo stato più popoloso della Terra.

Un altro raffronto significativo nell’andamento della statura è quello che possiamo fare tra il nostro Paese e gli Stati Uniti. Nel 1914 gli italiani erano alti in media come gli Indiani di oggi (164,7 centimetri), mentre gli Statunitensi si collocavano ai vertici mondiali (171.1 cm) insieme agli Svedesi. In un secolo la popolazione italiana  è cresciuta di oltre 13 cm (da 164,7 a 177,8),  raggiungendo la media europea e superando gli statunitensi, che in 100 anni hanno aggiunto solo 6 centimetri. (da 171,1 a 177.1).  Il blocco della crescita in altezza degli Stati Uniti, dalla fine degli Anni 60 ad oggi, è dovuto soprattutto a due fattori: da un lato il costante peggioramento della loro alimentazione,  dall’altro le crescenti disuguaglianze socio-economiche, con l’aumento del divario sociale tra fasce ad alto reddito – che possono permettersi di mangiare bene – e poveri, che si basano prevalentemente su cibo ultra-processato o fast-food.

Pensando alle generazioni future, il mondo di oggi appare ancora suddiviso a metà con le popolazioni dell’emisfero del Sud  mediamente più basse di quello del Nord. Il riscaldamento climatico, le tante guerre in corso – non solo in Ucraina e Palestina, ma anche in Etiopia, Sudan e Birmania – e lo spaventoso aumento di ricchezza, assoluta e relativa, dell’1% di supermiliardari non aiuteranno le future generazioni di bambine e bambini ad un migliore accesso al cibo sano, o semplicemente al cibo.