I giovani e lo sport secondo Julio Velasco
Storia della pallavolo
Julio Velasco, allenatore di pallavolo della Generazione di fenomeni tra il 1989 e il 1996 (due Mondiali, tre Europei e altri titoli con lui in panchina), dal 2019 è il direttore tecnico delle squadre giovanili maschili
- “Le sei vittorie continentali delle squadre giovanili maschili e femminili (U18, U20 e 22 per i ragazzi, U17, U19 e U21 per le ragazze), arrivate tutte insieme, sono eclatanti, senza dimenticare la vittoria delle donne alla Volley Nations League e il Mondiale vinto dagli azzurri in Polonia (nella foto). Le nazionali giovanili hanno avuto successo anche in passato, ma abbiamo fatto un ulteriore salto di qualità e ora la sfida sarà mantenere il livello”.
- “La nostra non è stata una rivoluzione o una rifondazione, ci siamo appoggiati a quanto c’era già. Abbiamo cambiato metodologia di allenamento e preparazione, ma soprattutto andiamo alla ricerca dei giocatori del futuro, anzi del presente, e abbiamo coinvolto meglio le società, andando a parlare con presidenti, allenatori e preparatori”
- “Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo visto che negli ultimi quarant’anni il 90 per cento di azzurri aveva cominciato in piccole squadre per passare dopo alle giovanili di club più importanti. Va reso onore a quegli allenatori e quelle associazioni sportive”.
- “Non riterrei deludenti l’argento delle Olimpiadi di Rio del 2016 e il bronzo a Londra nel 2012, non siamo mai usciti dai vertici. Certo, da un po’ non arrivavamo all’oro. Io ritengo sia difficile avviare un ciclo perché la pallavolo è molto cambiata”.
- “Ci sono stati i cicli dell’URSS prima, poi degli USA, dell’Italia e del Brasile. Oggi molte squadre giocano per vincere: una può aggiudicarsi le Olimpiadi, un’altra i Mondiali… Questo dimostra una crescita nella pallavolo mondiale”.
- “Siamo un paese in cui si passa dal pessimismo, quello per cui diciamo “Succede soltanto in Italia!” senza sapere cosa accade nel mondo, ai trionfalismi, “Siamo i migliori”, senza vie di mezzo”.
- “Ai ragazzi dell’Under 20 prima della finale ho fatto un discorso: “Due cose devono andare sempre insieme: la convinzione e l’umiltà”. Prima di giocare bisogna essere convinti”.
- “Dopo la vittoria dobbiamo essere umili e chiederci “Cosa avremmo dovuto fare se avessimo perso?”. Avremmo cercato i difetti, ci saremmo allenati meglio. Quando si vince, invece, si pensa di aver trovato il metodo, ma la vittoria dipende dall’avversario. Che nel frattempo, avrà già cominciato a prepararsi in modo più esigente e motivato”.
- “Non voglio dire cosa devono fare le altre organizzazioni. Noi cerchiamo di imparare da tutti. Ad esempio, il rugby non vince, ma ha un grande seguito di tifosi e noi dobbiamo essere bravi a ricrearlo”.
- “Vorrei che Alessandro Bovolenta fosse considerato in quanto Alessandro, non in quanto figlio di Vigor. Lui non sente il fastidio, ma non è giusto. È un effetto della macchina giornalistica. Tutti i giovani hanno bisogno di essere loro stessi, non i figli di. Noi adulti dovremmo ricordarci come eravamo da adolescenti e riflettere” (dall’ntervista di Andrea Giambartolomei, Il Fatto 3 Ottobre 2022)
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