Sessualità nel mondo animale
Sessualità: perché questa modalità di riproduzione è così diffusa tra gli animali? La clonazione, in realtà, è il sistema più efficace e meno dispendioso per riprodursi, ma non produce variabilità e rende gli organismi più vulnerabili nei confronti degli aggressori e di eventuali cambiamenti dell’habitat. Con l’avvento della sessualità si crea una maggior variabilità genetica negli individui e nella popolazione, ma nasce un nuovo problema: gli individui di un sesso devono saper riconoscere quelli dell’altro sesso. Si sviluppano allora segnali distintivi di specie e segnali distintivi di sesso. Per i pesci anemoni ed altri pesci le cose non sono così semplici. Questi animali, infatti, possono cambiare sesso in qualsiasi momento, se ciò comporta un vantaggio, poiché hanno in sé le basi biologiche di entrambi i sessi. Ad esempio, alcuni pesci sono in grado prima di deporre le uova come femmine, subito dopo di trasformarsi in maschio e fecondarle. Possiamo, dunque, parlare di una transessualità biologica che trova interessanti applicazioni nella piscicoltura laddove è possibile decidere il sesso più conveniente – per la taglia o per il tipo di carne – di quelle specie predisposte al cambiamento di sesso. Se i gli animali transessuali possono cambiare ripetutamente sesso, gli organismi ermafroditi hanno sia la sessualità maschile sia quella femminile. In natura l’ermafroditismo non è niente di eccezionale e riguarda lombrichi, platelminti, chiocciole, che producono sia uova sia spermatozoi.
L’etologia ha scoperto che – oltre al transessualismo e all’ermafroditismo – anche l’omosessualità non è un’invenzione della nostra specie, essendo assai diffusa in natura. Vermi, mufloni, gabbiani, porcellini d’India, cimici, oche, scimmie presentano con grande naturalezza rapporti sia eterosessuali che omosessuali. Ci si potrebbe domandare quale sia il rapporto tra omosessualità ed evoluzione, visto che nei rapporti tra individui dello stesso sesso non si generano discendenti. Per alcuni biologi sarebbe proprio nella rinuncia ad allevare una propria prole il vantaggio dell’omosessualità animale. In questo modo alcuni elementi del gruppo potrebbero collaborare nell’allevamento dei fratelli minori e dei nipoti. Recentemente (dicembre 2006) sul più diffuso quotidiano italiano è comparso un articolo sulla diffusione dell’omosessualità nel mondo animale. Si riportava, ad esempio, che tra i mastodontici maschi dei bisonti nordamericani i rapporti omosessuali sono più comuni di quelli eterosessuali. La mostra “Contro Natura?” (2006) inaugurata a Oslo, presso il Museo di Storia Naturale dell’Università, affronta il tema con argomentazioni assolutamente scientifiche che portano a quattro sorprendenti conclusioni: 1) l’omosessualità è stata oramai osservata in oltre 1500 specie animali; 2) la sua ampia diffusione dimostrerebbe che la continuazione della specie attraverso la riproduzione non è l’unico scopo delle attività sessuali; 3) il rapporto omosessuale sembra trovare altre valenze biologiche, come creare alleanze e protezione tra i partner o consolidare i legami sociali (vedi bonobo e scimpanzé); 4) appare sempre più fuori luogo la definizione dell’omosessualità come espressione anomala della sessualità animale, riconducibile alla presenza di individui dello stesso sesso in una gabbia o in un recinto (per analogia a quanto avviene talora nelle carceri umane), o a squilibri degli ormoni sessuali o a imprinting errato nelle prime fasi di vita. (2007)
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