La stragrande maggioranza delle malattie di oggi sono malattie che non guariscono.” Questa semplice e chiara frase di Giorgio Bert ha efficacemente sintetizzato il motivo per cui oggi è necessario un diverso approccio al tema della salute. I fondatori di Slow Medicine si sono visti a Torino per due giorni ed hanno provato a dare corpo ad una idea della cura molto diversa da quella ufficiale; questa scommessa è stata riassunta da Silvana Quadrino all’inizio dei lavori: provare ad indicare un percorso di cura “sobrio, giusto e rispettoso“, per una medicina “slow”, lenta come Slow Food, il movimento di Carlo Petrini, intervenuto a portare il saluto.

Antonio Bonaldi ha stilato un prezioso campionario di atteggiamenti medici apparentemente corretti, ma non supportati da evidenze scientifiche. Li ha chiamati i sette veleni. Ad esempio, l’idea diffusissima che il nuovo in medicina sia sempre meglio (in realtà la maggior parte delle novità in campo medico risponde, soprattutto, ad esigenze commerciali). Oppure la percezione che tutte le procedure cliniche siano efficaci e sicure; leggendo con attenzione fonti indipendenti, ne emerge invece che meno della metà delle procedure cliniche sono sicuramente utili, un’altra metà non lo è, una parte è francamente dannosa. Fare di più aiuterebbe a guarire e migliorerebbe la qualità della vita. Sembrerebbe scontato, ma anche qui siamo in presenza di un’affermazione ideologica, non scientifica: a volte fare di più, peggiora la qualità della vita e non guarisce.
In generale – come ha sottolineato spesso Marco Bobbio in questi anni – le aspettative che si nutrono per la medicina sono irrealistiche. Si è fatto di tutto per creare la pericolosa illusione che si possa godere di una salute illimitata, che si possa risolvere ogni problema; più le aziende farmaceutiche ed i medici prospettano soluzioni straordinarie, più i pazienti pretendono miracoli. Come ha ricordato il sociologo Domenighetti, il settore sanitario è il settore più sottoposto  a conflitti di interesse e corruzione: la crescente commercializzazione della medicina va di pari passo con la progressiva medicalizzazione della vita quotidiana.
Roberto Satolli ha ricordato la figura di Giulio Maccacaro, che 40 anni fa con le rivista Sapere ed Epidemiologia & Prevenzione, con la collana di libri Medicina e Potere e con il movimento Medicina Democratica aveva anticipato tutti questi temi. Sul rapporto tra medicina e potere Maccacaro diceva che bastava mettere un accento per chiarire la faccenda (non medicina e potere, ma “medicina è potere”); oggi Slow Medicine sembra un buon punto di partenza per dare un limite a chi decide arbitrariamente il confine tra malattia e salute, creando dall’oggi al domani milioni di potenziali malati bisognosi di costosi e spesso inutili farmaci per malattie che – come dice Giorgio Bert – non guariscono. (12-2011)