Adolescenza e attività fisica
Adolescenza e attività fisica, un problema per almeno il 40% dei giovani, almeno in Italia. Eppure il movimento e l’attività motoria sono fondamentali in tutta l’età evolutiva. L’adolescenza, in particolare, è il periodo del cambiamento, della metamorfosi, il momento in cui ci si accorge di essere diversi e si sente il bisogno di essere diversi. In questa metamorfosi entra in gioco anche la paura, la paura di non piacere e di non piacersi. Si cerca, allora, ci eliminare tutto ciò che non piace e il bersaglio principale diventa il proprio corpo. Il corpo viene continuamente manipolato. Con l’abbigliamento e con l’attività fisica, con il piercing e con i tatuaggi, con l’alimentazione eccessiva o ridotta. I risultati, per gli adulti, sono spesso discutibili, ma vanno sempre letti come una comunicazione. Nei maschi – ma anche in molte femmine, ormai – la manipolazione del corpo prevede soprattutto la gestione ed il controllo della forza fisica e muscolare del nuovo corpo che si sta formando. I ragazzi e le ragazze non fanno altro che “ritualizzare” la loro aggressività con le gare, con le sfide, con gli sport (soprattutto, ma non solo, di contatto), con le esibizioni plateali. Nell’adolescenza, oltre che per gestire il corpo, lo sport è fondamentale per la mente: fare sport significa risolvere continuamente “problemi” legati alle situazioni di gioco o di allenamento (“problem solving” in inglese); nelle relazioni con il gruppo la pratica sportiva contribuisce ad un equilibrato sviluppo della personalità. Talvolta, però, genitori ed educatori, di fronte a insuccessi scolastici, negano ai ragazzi l’attività sportiva. Si tratta di un errore che, oltretutto, non risolve quasi mai le difficoltà per cui si prende il provvedimento. Andrebbe, piuttosto, capito perché un adolescente riesca ad essere adeguato in un contesto – quello sportivo – e non nell’altro. La buona riuscita nello sport dovrebbe diventare uno stimolo per valorizzare la capacità dell’adolescente, comprese quelle scolastiche. Possiamo concludere che negli adolescenti il gioco-sportivo può influenzare profondamente almeno tre sfere dello sviluppo: la sfera dello sviluppo corporeo; la sfera dello sviluppo della personalità; la sfera delle relazioni sociali.
La pratica sportiva giovanile – con educatori/allenatori capaci di cogliere questa opportunità – potrebbe essere un formidabile mezzo per sviluppare negli adolescenti una serie di caratteristiche positive: la capacità di affrontare e superare difficoltà; la consapevolezza delle proprie possibilità; l’autonomia; la motivazione; la capacità di collaborare con gli altri.
Una riflessione, infine, sul rapporto tra la scuolae l’attività fisica e sportiva. Il nostro Paese, pur avendo indicato l’educazione fisica come materia obbligatoria nelle scuole primarie, permette la completa flessibilità di orario; gli insegnanti, pertanto, possono far svolgere attività fisiche ai bambini quando e come meglio credono e questo si traduce spesso in una partitella a calcio. Se guardiamo all’estero, in Francia l’orario medio minimo annuo raccomandato per le scuole primarie si attesta attorno alle 100 ore (circa il 10% della didattica). Sommando mese dopo mese, un bambino italiano rischia di fare – nei 5 anni delle Elementari – 500 ore di educazione fisica in meno di un bambino francese. Alle Medie e alle Superiori le cose migliorano e le ore obbligatorie di educazione fisica sono in media 66 all’anno, molto più di nazioni come la Spagna (solo 24 ore) ma ancora molto indietro dietro ai Paesi più virtuosi – come Francia e Germania – dove si fanno circa 100 ore di sport per ogni anno scolastico. (2008)
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