Diabete tra cronicità, epigenetica e disuguaglianze
Il diabete di tipo 2 è un esempio classico di malattia cronica, in gran parte evitabile, che riguarda soprattutto i gruppi più svantaggiati a livello economico, sociale e culturale. Secondo i dati del sistema di sorveglianza PASSI, già 10 anni fa la prevalenza di diabete era solo al 2,1% nelle persone laureate rispetto al 14,1% di chi era privo del titolo di studio.
Dal gennaio 2019 come biologo nutrizionista ho iniziato una collaborazione mensile con la Casa della Salute di Ladispoli della ASL Roma 4. Tramite l’Associazione Diabetici Civitavecchia (ADICIV) ricevo i pazienti in carico all’ambulatorio di diabetologia della ASL dalle 8:30 alle 13:30-14:00 uno o due mercoledì al mese. In questi primi 3 anni di collaborazione ho seguito 125 nuovi pazienti, con una media di circa 40 pazienti l’anno, in prevalenza donne (69%), soprattutto delle fasce di età 45-64 anni (37%) e maggiori di 64 anni (36%). La diagnosi di invio principale è stata quella di diabete mellito di tipo 2 che ha riguardato il 74% dei pazienti; il restante 26% è stato inviato per problemi di insulino-resistenza (IR) o di ridotta tolleranza glucidica (IGT), due condizioni che predispongono o semplicemente anticipano il diabete conclamato. Da nutrizionista ho prestato particolare attenzione al rapporto tra sovrappeso e malattia; analizzando gli Indici di Massa Corporea (IMC) di ciascun paziente è emerso che l’84% presentavano obesità di I, II o II grado, con il restante 16% in sovrappeso. Il dato sembra confermare la strettissima relazione tra stili di vita e insorgenza della malattia. Tra le comorbilità associate al diabete ho rilevato una forte presenza di patologie cardio-vascolari (61%); notevole anche la presenza di malattie della tiroide (18%); circa il 10% dei pazienti visitati, infine, presentava vari gradi dell’insufficienza renale cronica (IRC). Dei 125 pazienti presi in carico, 46 (36%) hanno fatto solo la prima visita, ricevendo una schema per un’alimentazione e attività motoria adeguate; gli altri 79 hanno fatto uno (12%) o più controlli (52%) con cadenza mensile o bimensile. Analizzando i risultati il 91% dei pazienti ha mostrato un calo del peso corporeo e delle circonferenze addominali, con una media di – 1.5 kg per chi ha fatto solo un controllo e di – 4.4 kg per chi ha fatto almeno 2 controlli. In 7 pazienti (9%) non si sono avute significative variazioni di peso. La mia esperienza di nutrizionista mi ha insegnato che una adeguata educazione alimentare e l’adozione di uno stile di vita sano sono strumenti fondamentali nella prevenzione e nella cura del diabete, poiché permettono di ottenere 3 fondamentali obiettivi: a) un buon controllo glicemico; b) il raggiungimento e il mantenimento di un peso adeguato; c) la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, renali e altre complicanze. L’intervento del nutrizionista deve, soprattutto, tener conto delle diverse caratteristiche dei pazienti: fascia di età, tipo di diabete e sua terapia, obiettivi di peso corporeo, consuetudini e preferenze alimentari, disponibilità economiche, svolgimento di attività fisica. Ogni proposta in merito a scelte alimentari e stili di vita, pertanto, andrebbe personalizzata e periodicamente rivalutata alla luce dei risultati ottenuti.
Oggi sappiamo che la predisposizione all’obesità e al diabete può essere legata a fattori epigenetici. I cambiamenti epigenetici sono modifiche che influenzano l’espressione dei geni senza cambiare la sequenza del DNA. Possono trasmessi ai figli da genitori diventati obesi e diabetici per una dieta scorretta e scarsa attività fisica per molte generazioni, finché non cambiano le condizioni ambientali. Questo tipo di eredità epigenetica di una malattia metabolica potrebbe spiegare il drammatico aumento globale nella prevalenza del diabete a partire dagli anni ’60 e costituisce una delle maggiori sfide di sanità pubblica nei prossimi decenni. Se si interverrà con politiche che favoriscano il consumo di alimenti sani e l’attività fisica gratuita, ridurremo il fenomeno e la sua trasmissibilità. In caso contrario avremo anche noi un terzo o un quarto della popolazione diabetica, come oggi succede in Pakistan e in Kuwait (nella foto i risultati dello studio World of Statistics della Georgia State University)
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