I nostri “cugini” neanderthaliani praticavamo anche il cannibalismo? La natura dei resti ritrovati da un equipe di archeologi nella regione francese dell’Ardeche sembra farlo pensare. Gli studiosi hanno portato alla luce resti ossei di sei individui appartenenti ad una popolazione di Neanderthal  vissuta circa 100.000 anni fa con segni evidenti di cannibalismo. Il termine cannibale ha una storia singolare; viene dallo spagnolo canibal, alterazione di caribal; poiché nell’Europa del ‘500 si riteneva che la popolazione dei Caraibi fosse mangiatrice d’uomini, dal loro nome nacque il termine cannibale – uomo dei Caraibi – come sinonimo protorazzista di antropofago. La scoperta francese – riportata dalla rivista Science – aggiunge un tassello importante alla ricostruzione dei modelli alimentari umani succedutisi nel corso dell’evoluzione. I primi Ominidi vissuti 6 milioni di anni fa nel Miocene erano sostanzialmente frugivori; come molte scimmie antropomorfe attuali, si nutrivano principalmente di frutti selvatici e radici. Per oltre 4 milioni di anni l’alimentazione umana rimase vegetariana, con quantità limitate di carne; soltanto nel Pliocene, 2 milioni di anni or sono, si sviluppò la tendenza a mangiare carcasse di animali predati da altri carnivori: iniziò, dunque, la fase onnivora della nostra alimentazione, che tuttora persiste. Passare da dieta solo vegetale ad una comprendente la carne è stato importante dal punto di vista evolutivo, così come è stato importante il primo periodo a dieta frugivora: riducendo la quota vegetale del cibo, infatti, si può ipotizzare la liberazione di energie e strutture anatomiche per permettere lo sviluppo del cervello – mediamente maggiore – degli animali carnivori o onnivori, rispetto agli erbivori (è la tesi del primatologo inglese Richard Wrangham in Catching fire del 2009). Nel nostro DNA portiamo, dunque, sia l’impronta vegetariana delle nostre origini, sia lo sviluppo recente da carnivori. (9-2010)