1. “Penso che ci troviamo su una china drammaticamente pericolosa. L’“Orologio dell’Apocalisse”, la valutazione periodica del rischio di catastrofe planetaria iniziata nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists, non ha mai indicato un livello di rischio alto come ora”.
  2. “Le tensioni internazionali sono cresciute bruscamente. Molti governi moltiplicano forsennatamente le spese militari. Si parla apertamente di una possibile guerra atomica”.
  3. “La demonizzazione reciproca si è impennata: nelle narrazioni di molti paesi, “gli altri” vengono dipinti come criminali pazzi e pericolosi, in perfetta simmetria”.
  4. “C’era un tempo in cui i leader mondiali, da Clinton a Gorbaciov, da Mandela ai politici che hanno fermato la guerra civile in Irlanda, pensavano in termini di “risolvere i problemi senza spargere sangue”.
  5. “Oggi i politici parlano in termini di “vincere e abbattere il nemico, non importa se costa spargere sangue”. Queste sono le parole che vengono pronunciate sempre più spesso a Washington come a Tel Aviv, a Mosca come a Berlino, Un esasperato nazionalismo si diffonde in vari paesi del mondo, dall’India agli Stati Uniti, e cresce ovunque”.
  6. “La catastrofe climatica è già in corso, e le contromisure che stavamo iniziando a prendere sono già state accantonate, messe in secondo piano dall’urgenza di litigare”.
  7. “La fonte dell’instabilità recente è chiara. Il piccolo gruppo di nazioni composto da America, Canada, Europa, Australia e Giappone, minuta minoranza dell’umanità, disponeva fino a ieri di una gigantesca supremazia economica ereditata dal colonialismo, che dalla fine della guerra fredda ha permesso un controllo politico pressoché completo del pianeta”.
  8. “Il diffondersi della prosperità nel mondo sta modificando radicalmente la situazione, lasciando a questo piccolo gruppo ormai praticamente la sola supremazia militare“.
  9. “Su questo scenario pericoloso si sovrappone l’immensa e scellerata pressione esercitata dai fabbricanti di armi di tutto il mondo. Gli smisurati proventi dell’industria militare generano un potere che spinge all’incremento degli armamenti e al loro uso, per il solo motivo che qualcuno ci guadagna”.
  10. “L’Italia ha nel suo DNA culturale e politico una profonda avversione alla guerra, rinforzata nel secolo scorso dalla chiara consapevolezza del disastro generato dall’esaltazione della guerra e dalla glorificazione delle armi che hanno caratterizzato il ventennio di Mussolini. Esiste un’Italia vasta che desidera un mondo più pacifico, ma che al momento non trova un riferimento politico da sostenere, se non nelle parole del Papa. Esiste un’Italia consapevole che non vuole la corsa agli armamenti che ci sta portando alla catastrofe”.

(dalla prefazione all’e-book “L’economia a mano armata”, pubblicato dal Corriere della Sera il 1/5/2024; nella foto Bibliothequ di Maria Helena Vieira da Silva, 1949)